Chi ha ucciso Sandro Epifano, detto “Il Furgone”? È possibile che il suo killer gli abbia teso un agguato, dandogli appuntamento per poterlo colpire? Sono solo alcuni degli interrogativi che ruotano attorno all’omicidio consumatosi poco dopo le 3 del mattino del 27 agosto scorso a Pomezia. L’ipotesi è che la vittima sia finita in una trappola.

Omicidio di Sandro Epifano a Pomezia: l’ipotesi dell’agguato organizzato

A riportare i dubbi degli inquirenti sull’omicidio di Sandro Epifano, trovato morto nell’androne di un palazzo poco distante da quello in cui viveva, in via Singen, a Pomezia, nella giornata di ieri, è Roma Today, secondo cui chi indaga avrebbe avanzato l’ipotesi di un agguato teso alla vittima dal killer, non ancora identificato.

Il 53enne era noto a tutti come “Il Furgone”, perché girava spesso a bordo di un furgone, appunto. Aveva alle spalle piccoli precedenti con la giustizia. Potrebbe essersi presentato nel luogo in cui è stato ucciso perché aveva un appuntamento con qualcuno. Per questo, forse, era uscito di casa senza documenti: si fidava di chi stava andando ad incontrare. Inconsapevole che gli avrebbe teso un agguato.

Una o più persone che, alla luce degli ultimi sviluppi, potrebbero avere le ore contate. Chi indaga si sta concentrando sulle testimonianze di coloro che lo conoscevano e che gli vivevano accanto. L’obiettivo è capire se sia stato visto in compagnia di qualcuno o se siano girate delle voci su problemi personali o possibili regolamenti di conti. Per ora non è emerso niente che possa giustificare una fine simile.

Il ritrovamento del cadavere

A trovare il suo corpo senza vita, chiamando il 112, era stato uno dei residenti dello stabile in cui è stato ucciso, dopo aver sentito dei lamenti provenire dall’androne. Agli inquirenti, l’uomo, rimasto anonimo, avrebbe riferito anche di aver sentito il rumore di un “botto”, come un petardo. Forse un colpo di pistola.

Sarà l’autopsia in programma per oggi, 28 agosto, a stabilirlo. Chiarendo una volta per tutte se la ferita rinvenuta sulla schiena della vittima – inizialmente rinviata a un’arma da taglio – possa invece essere compatibile con quella di un proiettile, eventualmente mai uscito dal corpo di Epifano.

Il precedente di Acilia

Ad Acilia qualche mese fa un 48enne di nome Paolo Corelli era stato trovato senza vita, per strada, a pochi passi dal palazzo in cui viveva, dopo essere stato freddato a colpi di pistola. Incensurato, padre di famiglia, Corelli era benvoluto da tutti, in zona: lavorava come salumiere e, quella mattina, era uscito di casa, come faceva sempre, per recarsi sul luogo di lavoro.

Ad attenderlo c’era la moglie, con cui viveva separato: era lei che ogni volta lo accompagnava, come il killer doveva sapere. L’omicidio, infatti, aveva avuto tutta l’aria di essere un’esecuzione, orchestrata nei minimi dettagli. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini – che hanno poi portato all’arresto di due amici, un amico d’infanzia della vittima e un complice -, il delitto sarebbe stato provocato da una lite, scoppiata il giorno precedente per futili motivi.

I due erano cresciuti insieme. Poi, la tragedia. Nel corso di una discussione, Corelli, infastidito dall’atteggiamento spavaldo mostrato dall’amico, gli aveva tirato uno schiaffo. Per questo il giorno dopo lui gli aveva teso un agguato, aspettandolo, a bordo di uno scooter, mentre usciva di casa e colpendolo con tre proiettili, di cui uno fatale. Il killer, di vent’anni più giovane, era stato fermato in aeroporto di ritorno da Barcellona.

Sarebbe indagato anche per estorsione, per aver pianificato e messo in atto l’aggressione ai danni di due persone per reperire il denaro necessario a fuggire, sottraendosi alla cattura.

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