Finisce un’avventura, ne comincia un’altra: la ruota della carriera un po’ tormentata di Carlo Calenda torna a girare dopo il doloroso divorzio con Matteo Renzi, che verrà ufficialmente formalizzato il 9 settembre.

Ma il leader di Azione non è intenzionato a piangere sul latte versato e già guarda al suo futuro, senza esimersi dal lanciare qualche doverosa stoccata a chi lo ha politicamente abbandonato a se stesso:

Sì a un nuovo Partito della Repubblica fondato sui valori della prima parte della Carta. A ottobre Azione lancerà una costituente: porte aperte a liberali, popolari e riformisti. No ai ‘centrini’ che si alleano con il M5s se vince il M5s e con la destra se vince la destra, pur di occupare uno strapuntino.

Ha detto Calenda in un’intervista del Corriere della Sera. Pochi dubbi su chi siano i “centrini” demonizzati dal leader di Azione:

C’è grande delusione per il comportamento di Italia viva. Renzi ha preso in giro gli elettori promettendo che avrebbe fatto un passo indietro e favorito la nascita di un grande partito liberal-democratico. E invece una volta rientrato in Parlamento ha fatto saltare tutto per tenersi le mani libere e provare a entrare nel governo. Ma la responsabilità è mia che mi sono fidato, ora si volta pagina.

Calenda e il post Renzi: “Serve un grande Fronte Repubblicano”

Carlo Calenda ha dunque scelto di ripartire in quarta con il suo progetto politico, lasciandosi alle spalle le recenti delusioni e impugnando saldamente la missione di un «grande Fronte Repubblicano» con al centro i valori della Costituzione, specie dei primi articoli.

Nel nuovo inizio di Calenda saranno benvenuti tutti i riformisti, liberali e popolari, mentre il leader di Azione non esclude un’apertura da buon samaritano per i figliol prodighi di Italia Viva che nel breve – ma intenso – matrimonio con Renzi si sono «spesi con passione per il Terzo Polo», a partire da Elena Bonetti.

Il commento di Calenda alle altre forze politiche: “La destra ha abbracciato la realpolitik, la sinistra sbaglia a congelare il 2% di spese militari”

Nella sua intervista, Calenda non si limita a prendersela con il suo infedele ex alleato, ma intende restituire una panoramica delle ultime scelte sbagliate operate dalle maggiori forze politiche italiane. Per il numero uno di Azione, Elly Schlein ha compiuto un passo decisamente falso decidendo di schierarsi a favore del congelamento del 2% del Pil sulla spesa militare, agendo contrariamente a quanto ci si era detti in sede Nato:

È un grave errore. Perché la serietà dei Paesi si valuta sulla capacità di mantenere gli impegni. E perché l’Italia ha bisogno di un esercito forte, che possa contribuire a formare un esercito unico europeo. Abbiamo una guerra ai confini dell’Europa e questo impegno va mantenuto.

È il verdetto di Calenda. Ma il senatore nutre più di qualche dubbio anche rispetto alla politica portata avanti dall’altra sponda dell’emiciclo italiano. Per Carlo Calenda infatti il centro destra sembra aver preso un po’ troppo spunto dalla «realpolitik», visti gli sforzi per difendere il «premierato»:

L’elezione diretta del premier non c’è in nessun Paese. E c’è una ragione precisa: se eleggi il premier direttamente, di conseguenza depotenzi il presidente della Repubblica. E in Italia la funzione del capo dello Stato è sempre stata vitale per la salvaguardia dell’unità nazionale. Inoltre, finisci per non poter neppure cambiare premier nell’ambito della stessa coalizione. In ogni caso le riforme utili, in primo luogo quella del federalismo, deve essere discussa nell’ambito di una bicamerale. Tuttavia oggi le priorità sono altre: sanità, salari e investimenti. Su questo il governo dovrebbe concentrarsi.

Consiglia e conclude il leader di Azione.