La Corte di Cassazione ha definito legittimo il licenziamento nei confronti di chi rivolge allusioni sessuali a colleghe e colleghi di lavoro. La Corte ha deliberato ciò a partire dal ricorso presentato da un uomo che è stato denunciato sia dalla collega e sia dalla società per la quale lavorava e che per questo motivo ha perso il lavoro. Nel presentare ricorso, l’uomo si è giustificando ricorrendo definendo le allusioni “inidonee” a ledere la dignità della persona. Tuttavia, ciò non è stato ritenuto valido dai giudici, nella cui sentenza le allusioni vengono considerate “comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”.

Licenziamento legittimo per chi fa allusioni sessuali a colleghe: il caso esaminato dalla Cassazione

L’uomo del caso preso in esame dalla Corte di Cassazione ha rivolto allusioni verbali e fisiche a una giovane barista assunta con contratto a termine. Quest’ultima ha così deciso di denunciare il collega, prima per stalking e violenza sessuale e, successivamente, per allusioni. La prima denuncia è stata archiviata, dal momento che è stata presentata troppo tardi (oltre 12 mesi dopo i fatti). Con la seconda denuncia però è stata fatta giustizia: il comportamento associato alle allusioni è stato considerato “indesiderato e oggettivamente idoneo a ledere e violare la dignità della collega di lavoro“. Un tale atteggiamento non è giustificabile nemmeno dal fatto che “i rapporti tra tutti i colleghi fossero spesso scherzosi e goliardici“.

La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza emessa prima dal Tribunale di Arezzo e poi dalla Corte d’Appello di Firenze, ossia che il licenziamento appare una misura legittima in risposta al comportamento dell’uomo. Quest’ultimo ha presentato ricorso contro la sentenza di secondo grado, sostenendo l'”inattendibilità” della donna e facendo riferimento all’archiviazione da parte del gip della denuncia di violenze sessuali e stalking. La Corte di Cassazione ha così precisato che “il reato di stalking era estraneo ai fatti” che hanno portato al licenziamento.