Durante la mattinata, Papa Francesco è stato insignito del Premio È Giornalismo 2023, fondato nel 1955 da grandi firme del giornalismo italiano quali Giancarlo Aneri, Enzo Biagi, Giorgio Bocca e Indro Montanelli. L’obiettivo alla base di questo riconoscimento è quello di “aiutare il giornalismo a essere più consapevole del suo ruolo di libera espressione e di contributo alla costruzione della giustizia attraverso il servizio alla verità“. L’assegnazione del premio quest’anno è stata guidata dalla volontà di premiare “il coraggio di parlare e scrivere di pace” e il Pontefice è risultato la figura più titolata, dal momento che “interpreta, unica voce, il coraggio di usare il dialogo per dire parole di pace. La pace, similmente al giornalismo, è dunque un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia.

Papa, Premio “È Giornalismo” 2023: “È urgente una comunicazione costruttiva, che favorisca la cultura dell’incontro”

L’assegnazione di questo premio si configura come “un segnale importante per il mondo dell’informazione, in particolare per le generazioni più giovani dei giornalisti” e come un vero e proprio incoraggiamento a cercare la verità e una comunicazione costruttiva. Il mestiere del giornalista richiede al giorno d’oggi numerose responsabilità:

I giornalisti devono farsi carico di responsabilità simili a quelle di un mugnaio alle prese con una macina da mulino, che ‘mossa dall’acqua, non può essere fermata. Chi è incaricato del mulino ha la possibilità di decidere se macinarvi grano o zizzania. La mente dell’uomo è sempre in azione e non può cessare di macinare ciò che riceve, ma sta a noi decidere quale materiale fornire’.

Papa Francesco, durante l’udienza alla delegazione del riconoscimento, ha dichiarato di aver declinato l’offerta di numerosi premi nel corso degli anni. Il premio È Giornalismo costituisce, dunque, un’eccezione:

C’è però un motivo che mi ha spinto ad accettare il vostro, ed è l’urgenza di una comunicazione costruttiva, che favorisca la cultura dell’incontro e non dello scontro; la cultura della pace e non della guerra; la cultura dell’apertura verso l’altro e non del pregiudizio.

Nel suo discorso il Pontefice si è poi rivolto direttamente agli esponenti del giornalismo italiano che si occupano dell’assegnazione del premio, la giuria è presieduta da Giancarlo Aneri e composta da Stella Aneri, Giulio Anselmi, Mario Calabresi, Massimo Gramellini, Paolo Mieli, Gianni Riotta e Gian Antonio Stella. Il Papa ha confidato loro una speranza e rivolto una esplicita richiesta di aiuto:

La speranza è questa: che oggi, in un tempo in cui tutti sembrano commentare tutto, anche a prescindere dai fatti e spesso ancora prima di essersi informati, si riscopra e si torni a coltivare sempre più il principio di realtà – la realtà è superiore all’idea, sempre. La realtà dei fatti, il dinamismo dei fatti; che mai sono immobili e sempre si evolvono, verso il bene o verso il male, per non correre il rischio che la società dell’informazione si trasformi nella società della disinformazione.

Papa, “La mia speranza è che si dia spazio alle voci di pace”

A partire dal concetto di disinformazione, Papa Francesco ha enucleato quelli che sono i quattro peccati del giornalismo, ossia la calunnia, la coprofilia, la diffamazione e, appunto, la disinformazione. Come antidoto a tali peccati è necessaria “una cultura dell’incontro, una cultura del dialogo, una cultura dell’ascolto dell’altro e delle sue ragioni”. Tale cultura dell’incontro si rivela a maggior ragione urgente “nel drammatico frangente che l’Europa sta vivendo, con il protrarsi della guerra in Ucraina“. In questo momento storico sociale, in cui si è “chiamati a un sussulto di responsabilità“, non bisogna cedere “alla logica della contrapposizione” e ai “linguaggi di odio“.

Nel concludere il discorso, il Pontefice ha espresso la propria speranza che si dia spazio “alle voci di pace, a chi si impegna per porre fine a questo come a tanti altri conflitti“. Ha poi fatto un cenno al “Sinodo sulla sinodalità”, una riflessione per comprendere profondamente cosa significhi essere una Chiesa sinodale:

Vogliamo contribuire insieme a costruire la Chiesa dove tutti si sentano a casa, dove nessuno sia escluso. Per questo oso chiedere aiuto a voi, maestri di giornalismo: aiutatemi a raccontare questo processo per ciò che realmente è, uscendo dalla logica degli slogan e di racconti preconfezionati.