Anche nel 2024 le pensioni saranno caratterizzate dai requisiti della riforma Fornero di 12 anni fa: il problema delle copertura nella legge di Bilancio del prossimo autunno non autorizza a essere ottimisti sulla possibile quota 41 per tutti, nemmeno nella versione “mini” che è stata proposta dalla Lega di Matteo Salvini come sperimentazione di un anno. Vanno invece verso la conferma tre misure di pensione anticipata come la quota 103, l’opzione donna e l’Ape sociale.
Pensioni, nel 2024 ancora la riforma Fornero: ecco quali novità arriveranno
A 12 anni di distanza dalla riforma Fornero, nemmeno nel prossimo autunno dovrebbe essere superata la legge che lega le pensioni dei lavoratori a rigidi meccanismi di uscita e ai requisiti gravosi della speranza di vita, come l’età per la pensione di vecchiaia (a 67 anni) o i quasi 43 anni di versamenti per l’anzianità contributiva. Riuscire ad aggirare questi requisiti è l’obiettivo dei vari canali di pensione anticipata che si sono succeduti negli ultimi anni, molti dei quali ancora confermati, anche se con qualche variazione.
Quota 103 terminerà la sperimentazione il 31 dicembre 2023 e, con molta probabilità, il governo la confermerà ancora per un anno nel 2024. La misura consente uscita con 41 anni di contributi (come quota 41), ma solo al raggiungimento dell’età di 62 anni.
Per molti lavoratori che hanno iniziato a lavorare precocemente, la quota 103 non è la soluzione dal momento che, pur avendo il requisito contributivo, non hanno maturato l’età richiesta. Devono, pertanto, lavorare per altri anni, aggiungendo versamenti a quelli richiesti.
Pensioni 2024 riforma Fornero, rimandata ancora quota 41 per tutti
Sull’argomento della riforma delle pensioni la quota 41 per tutti è da considerarsi un obiettivo da rimandare agli ultimi anni di questa legislatura. Troppe le risorse occorrenti, secondo le stime fatte già da tempo, per introdurre una misura libera dal requisito anagrafico della quota 103 e dai paletti della misura attualmente in vigore per i lavoratori precoci.
Il governo non vedrebbe di buon occhio nemmeno l’alternativa di una quota 41 “mini”, cioè da sperimentare per il solo anno 2024 e con uscita volontaria dei lavoratori purché scelgano il calcolo della pensione con il sistema contributivo. Secondo alcune stime, una misura di questo tipo verrebbe a costare più di un miliardo di euro nel prossimo anno e 2,2 miliardi di euro nel 2025. Si tratterebbe, tuttavia, di cifre che non terrebbero conto di quanti lavoratori non accetterebbero l’idea di vedersi tagliare la pensione per uscire prima dal lavoro.
Quota 41 ‘mini’, con l’uscita anticipata anche un taglio dell’assegno mensile
Un taglio della pensione di questo tipo si sperimenta già con opzione donna. La scelta di uscire e di accettare il ricalcolo della pensione con il meno vantaggioso sistema contributivo – rispetto al misto e al retributivo, dai quali proviene sia la platea dei quota 41 che quella delle lavoratrici – comporta una riduzione mensile che può andare anche oltre il 20 per cento dell’importo, secondo quanto descritto dalle relazioni accompagnatorie della misura in occasione delle più recenti proroghe delle scorse Manovre.
Opzione donna e pensione Ape sociale: si cercano soluzioni per aumentare le uscite
A proposito dell’opzione donna, la legge di Bilancio 2024 sarà l’occasione di un nuovo restyling dal momento che, con le variazioni della scorsa Manovra, nei primi sei mesi del 2023 sono uscite con questa misura solo 7.536 lavoratrici rispetto alle 24.559 del 2022. Due potrebbero essere le novità: la prima consisterebbe in un aumento dell’età di uscita; la seconda, invece, dovrebbe eliminare dai requisiti le limitazioni per le lavoratrici licenziate, caregiver o disabili al 74%.
Altre variazioni dovrebbero interessare, invece, l’Ape sociale, per lo meno nella parte in cui si assicurano le uscite ai contribuenti che svolgono lavori gravosi. L’elenco di queste mansioni dovrebbe essere aggiornato, includendo nuovi lavori e creando le condizioni per un numero maggiore di uscite.
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