Non bastava l’orrore dello stupro di Palermo: a pochi giorni dal terribile episodio di violenza ai danni della 19enne, sui giornali viene resa nota la storia di un’altra violenza di gruppo, avvenuta a Caivano, su due cugine di appena 13 anni. Questo episodio, risalente al luglio scorso, si inserisce così in una vera e propria scia dell’orrore che impone alla nostra società una serie riflessione e, soprattutto, un cambio di passo. Da inizio anno, infatti, sono ben 75 i femminicidi compiuti nel nostro Paese.

Stupri di Palermo e Caivano, Semenzato: “Servono pene decise, anche se questo significa che la nostra società ha fallito nel percorso di educazione “

Ciò che più preoccupa dei due stupri dell’ultimo mese – quello di Palermo e quello di Caivano – è l’estrema somiglianza tra i due eventi. Entrambe le violenze, infatti, sono state compiute da gruppi di ragazzi giovanissimi.

Il susseguirsi dei fatti impone di domandarsi come e perché questi modelli di maschilismo violento siano così radicati nella nostra società. Le continue violenze sessuali di cui apprendiamo dalla cronaca – oltre che la lista in perenne aggiornamento del numero dei femminicidi – smascherano evidentemente la presenza di una cultura tossica abituata alla violenza di genere che il nostro Paese non può più tollerare.

La redazione di TAG24 ha discusso di questi argomenti con l’onorevole Martina Semenzato, deputata di Coraggio Italia e Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere.

Onorevole Semenzato, cosa ci raccontano le vicende di Palermo e Caivano?

«In questa storia non siamo di fronte a giovani malati ma a giovani diseducati al rispetto. Ma non solo. Non possiamo non considerare come questi ragazzi siano condizionati da algoritmi disinteressati al fatto che un contenuto possa diventare virale anche se tossico o pericoloso.

A mio avviso occorre necessariamente ripartire dalla famiglia e dal valore educativo puntuale e rigoroso della scuola. Allo stesso tempo credo sia urgente una riflessione su quelli che sono i nuovi mezzi di comunicazione. Basti pensare, infatti, che tra i risultati drammatici di queste violenze ci sono queste chat su Telegram dove le persone chiedono morbosamente di poter vedere il video dello stupro.

Per non parlare poi della reazione di questi giovani stupratori che nell’immediato non mostrano segni di pentimento o di consapevolezza. Lo stupro di Caivano è uno stupro subito da minori ad opera di minori. Storie come questa o quella di Palermo evidenziano giovani privi di linee guida ed empatia. Questo è un fallimento sociale e collettivo»

Da inizio anno sono più di 75 femminicidi compiuti in Italia. Come Presidente della commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e sulla violenza di genere quali obiettivi si pone?

«Noi dobbiamo partire dal presupposto che viviamo in un mondo complesso che richiede interventi strutturali. Abbiamo già detto dell’importanza dell’educazione nelle scuole sia per gli studenti ma anche per i docenti. Ai ragazzi servono gli strumenti per affrontare la vita e per avere una convivenza sociale sana. Dall’altro lato abbiamo bisogno di risorse adeguate in termini di persone, strumenti tecnologici, formazionale professionale.

Io penso che la nostra Commissione debba lavorare proprio in questa direzione. Abbiamo fatto tante proposte che riguardano la scuola, la famiglia, la formazione. Per il resto io non le nego che sono per delle pene certe e severe che siano commisurate nella misura in cui il reato viene espresso. La commissione parlamentare sul femminicidio si riunirà il 30 agosto proprio per mettere a terra un lavoro già delineato nelle scorse settimane».

Cosa pensa della proposta della ministra Roccella di limitare l’uso del porno ai minori e di quella del ministro Salvini sulla castrazione chimica?

«Credo che entrambe le proposte pongano dei temi su cui riflettere ed esprimano gli stessi concetti di cui parlavamo prima. Innanzitutto la questione delle piattaforme social che non controllano e non bloccano i contenuti pericolosi.

Le faccio un esempio: l’altro giorno mi sono imbattuta su Instagram in un video con dei ragazzi che bestemmiano. Bene, credo sia ragionevole pensare che la piattaforma in questione dovrebbe evitare di rendere un simile video virale. Ma non è così: il giorno dopo l’algoritmo mi ha riproposto dei contenuti simili.

Questo esempio vale anche per i contenuti legati a una visione distorta della sessualità. Certamente anche in questo caso si riparte dal tema dell’educazione e nello specifico dell’approccio al porno. Serve un’educazione civica profonda che parta dalla famiglia e arrivi nelle scuole.

Dall’altro lato la castrazione chimica è applicata in diversi Paesi, anche europei. Credo però che il punto della proposta sia il messaggio forte che viene trasmesso: di fronte a questi atti barbari dobbiamo intervenire in modo deciso. Tuttavia le dico anche un’altra cosa: nel momento in cui noi arriviamo a dare una pena abbiamo già fallito in nostro percorso. Il nostro obiettivo deve essere prevenire questo tipo di atti, garantendo allo stesso tempo pene certe e severe»

In quali modi meno evidenti si esprime la violenza di genere nella nostra società? Cosa possiamo fare per imparare a riconoscerne i segni?

«La violenza si consuma sotto tanti punti di vista. Il nostro compito è quello di diventare una società civile più attenta a quelle che sono le fragilità delle persone che ci sono vicine, dalla scuola al mondo del lavoro. Dobbiamo diventare tutte persone propense alla denuncia, nel senso latino del termine, ovvero “mettere in luce e portare in evidenza”.

Ieri sono stata al Centro antiviolenza di Mestre, il primo centro pubblico in Italia aperto trenta anni fa. Grazie a queste realtà noi possiamo contare su tantissime persone capaci in grado di aiutare chi è in difficoltà.

Io sono stata promotrice di una legge per l’istituzione della Giornata mondiale contro il body shaming. Nell’evento di presentazione dell’iniziativa ho voluto che fossero presenti tutti gli ordini scolastici, dall’ultimo anno delle scuole primarie fino alle Università. Solo affermando continuamente il no alla violenza di genere e il no al body shaming possiamo tenere alta l’attenzione su questi argomenti, non solo a marzo, non solo a novembre, ma tutti i giorni.

Agosto è un mese particolarmente difficile perché è il mese in cui le donne sono maggiormente sole. Allo stesso tempo è il periodo in cui le notizie di cronaca trovano più spazio. Ecco, questa evidenza dovrebbe essere data tutto l’anno.

Soprattutto, però, si dovrebbe sempre parlare del lavoro che viene fatto contro i femminicidi, dei centri esistenti, delle possibilità di aiuto. Il nostro Codice rosso deve essere applicato ogni volta che una donna alza la mano per chiedere aiuto. Abbiamo bisogno di tempi e modi veloci, robusti, stretti. La nostra commissione – per la prima volta bicamerale – continuerà a lavorare in questo senso».