La sfera digitale sta assistendo a un importante cambiamento. Nasce dalla necessità di avere un ecosistema online sicuro, dove ciò che è considerato illegale nel mondo fisico lo sia anche sul web. Questa evoluzione è incarnata dal Digital Services Act (DSA) dell’Unione Europea, un complesso di regole e norme volto a garantire una navigazione online sicura e rispettosa dei diritti degli utenti.

Digital Services Online: chi è coinvolto e da quando?

Il 25 agosto è una data cruciale. Con l’entrata in vigore del DSA, le grandi piattaforme digitali, specialmente i 19 colossi digitali già identificati dall’UE – tra cui giganti come Google, Facebook, Apple, Microsoft, e l’ex Twitter, ora denominato “X” – sono stati chiamati a conformarsi. A questi attori principali, che vantano oltre 45 milioni di utenti attivi mensili, è stato concesso un periodo di quattro mesi, che ha avuto inizio ad aprile, per allinearsi a queste nuove normative.

Obblighi e aspettative

Il DSA non è una semplice lista di fare e non fare. Esso incarna l’essenza della protezione online, con un’attenzione particolare alla tutela dei minori. Le piattaforme sono ora obbligate a introdurre sistemi per segnalare contenuti illegali, che verranno poi esaminati e, se necessario, rimossi. Ma non si tratta solo di moderare i contenuti; è altrettanto fondamentale garantire la trasparenza. Gli utenti dovrebbero ora avere l’opzione di visualizzare i contenuti in ordine cronologico, piuttosto che essere soggetti ai capricci di un algoritmo.

La lotta contro la disinformazione e i contenuti illegali viene potenziata. Piattaforme come Google, Apple, e YouTube, per citarne solo alcune, devono fornire strumenti intuitivi per segnalare tali contenuti, con particolare priorità data alle segnalazioni provenienti da fonti autorevoli.

Digital Services Online dal 25 agosto: quali cambiamenti per l’e-commerce

La rivoluzione non si ferma ai social media. I portali di e-commerce sono ora tenuti a tenere sotto controllo i propri venditori, riducendo le probabilità di frodi. Gli algoritmi di ricerca, d’altra parte, devono diventare trasparenti e offrire alternative agli utenti.

La chiarezza è la parola d’ordine anche quando si tratta di pubblicità. Le piattaforme devono ora etichettare chiaramente gli annunci, e le condizioni di utilizzo devono essere snellite e comprensibili in tutte le lingue dell’UE.

La riservatezza e la protezione dei dati

Un altro pilastro del DSA riguarda la privacy degli utenti. La pubblicità basata su dati sensibili, come l’origine etnica o le opinioni politiche, è ora off-limits. Gli utenti hanno il diritto di rinunciare alla profilazione, garantendo una navigazione più privata.

Cosa impone il Digital Services Act, in sintesi

Il DSA stabilisce una serie di norme e linee guida per le piattaforme online con oltre 45 milioni di utenti attivi al mese. Le aziende sono tenute a:

  • Monitorare e rimuovere contenuti che incitano all’odio o che diffondono disinformazione.
  • Presentare valutazioni del rischio annuali.
  • Effettuare audit esterni e indipendenti sulle loro operazioni.
  • Assicurarsi che la pubblicità mirata non raggiunga i minori e implementare strumenti avanzati di verifica dell’età e controllo parentale.

Conseguenze per le violazioni

Le aziende che non rispettano le normative del DSA potrebbero affrontare gravi conseguenze. Ciò include multe che possono raggiungere fino al 6% del loro fatturato annuo. In casi di violazioni ripetute, le piattaforme potrebbero anche vedersi vietare le operazioni sul territorio europeo.

La posizione delle grandi piattaforme tecnologiche

Meta ha risposto proattivamente alle nuove regole istituendo un “Centro di Trasparenza” per fornire informazioni chiare su come vengono gestiti i contenuti sulla piattaforma.

Amazon ha contestato la sua inclusione nell’elenco delle piattaforme soggette al DSA, sottolineando la differenza nel suo modello di business rispetto ad altre piattaforme. La loro posizione principale è che non dovrebbero essere classificati come una “very large online platform” (Vlop).

Zalando, come Amazon, ha presentato un ricorso, evidenziando errori nella classificazione del loro modello di business e nel conteggio degli utenti.

Google, Microsoft e TikTok hanno già iniziato a implementare misure per conformarsi alle nuove regole del DSA.