È tornato in carcere, dopo essere stato trasferito in una comunità per “resipiscenza”, il neo-maggiorenne indagato insieme ad altri sei ragazzi per aver partecipato allo stupro di Palermo: ecco perché il gip è tornato sui suoi passi e ha deciso di punirlo. Rilevanti i messaggi inviati nei giorni successivi alla violenza e i video postati su Tik Tok dopo la scarcerazione, in cui il ragazzo si vantava dell’accaduto, non mostrandosi affatto pentito.
Perché il neo-maggiorenne accusato dello stupro di Palermo è tornato in carcere dalla comunità
Il giovane, ancora minorenne al momento dei fatti, era stato il primo a confessare, davanti agli inquirenti, di aver partecipato allo stupro di gruppo ai danni della 19enne che aveva sporto denuncia. Per questo, nelle scorse settimane, il giudice per le indagini preliminari aveva deciso di premiarlo, scarcerandolo e affidandolo ad una comunità, sostenendo che avesse mostrato segni di pentimento per la vicenda.
Una decisione che la Procura dei minori aveva condannato con fermezza, annunciando di voler fare ricorso. Decisione che alla fine il gip è stato costretto a rivedere. Secondo quanto si legge nell’ordinanza con cui è stato disposto l’aggravamento della pena,
le chat del 7 luglio (scambiate dal ragazzo il giorno successivo alla violenza, ndr) rivelano inequivocabilmente il compiacimento del minore rispetto a quanto accaduto e la sua totale insensibilità rispetto alle atrocità commesse, considerate fonte di divertimento.
Nei messaggi, finiti agli atti delle indagini, il giovane, parlando con un amico, si vantava del ruolo ricoperto la notte dello stupro (al contrario di quanto aveva riferito in sede di interrogatorio, probabilmente con l’obiettivo di ricevere un’attenuazione della misura cautelare), mostrando addirittura “disprezzo per la vittima”.
Compare, l’ammazzammo, è svenuta più di una volta. Ci siamo divertiti. Abbiamo fatto un macello. Troppo forte, io neanche la conosco,
si legge in una delle chat. Ad incastrarlo ci sarebbero però anche le riprese della violenza: nel filmato catturato da uno dei giovani si vedrebbe il minore partecipare attivamente allo stupro, durante cui la giovane sarebbe stata anche picchiata.
I video provocatori registrati in comunità
Non è tutto. Nel corso della sua permanenza in comunità, il 18enne aveva addirittura girato e postato su Tik Tok dei video in cui si vantava dei messaggi ricevuti da diverse ragazze, sminuendo quanto commesso e provocando gli utenti. “Chi si mette contro di me si mette contro la morte”, “Le cose belle si fanno con gli amici” o, ancora, “La galera è il riposo dei leoni”, scriveva. In un tono tutt’altro che pentito. Nessun profilo fake, nel suo caso, come invece era successo per alcuni degli altri ragazzi indagati. Un elemento di cui il gip non ha potuto non tenere conto.
La ricostruzione dei fatti
Stando a quanto ricostruito finora in base alla testimonianza della vittima e ai filmati finiti agli atti delle indagini, i sette ragazzi indagati avrebbero attirato la giovane in una trappola e, dopo averla fatta ubriacare, l’avrebbero violentata a turno, picchiandola e abbandonandola, svenuta, in un cantiere nei pressi del Foro Italico di Palermo.
A qualcuno avrebbero poi inviato il video dello stupro, video a cui ora migliaia di utenti danno la caccia su Telegram. Una vicenda che ha sconvolto il Paese e che, nelle scorse ore, ha dato vita alla campagna #iononsonocarne, lanciata su Instagram dal giornalista Luca Dini sulla pagina di Fab! con un chiaro riferimento alla frase choc pronunciata da uno dei ragazzi indagati il giorno dopo aver stuprato la giovane:
La carne è carne.
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