Confartigianato si aggiunge alla schiera di quelli che, negli ultimi mesi, hanno puntato il dito contro l’AI, denunciandone i rischi per il mondo del lavoro. Il nuovo report dimostra come siano ben 8,4 milioni i lavoratori italiani che subiranno la diretta concorrenza dell’intelligenza artificiale, con alte probabilità di essere soppiantati da un collega robotico.

Confartigianato insiste sul tema apportando più dati: il 36,2% degli occupati subirà l’impatto delle trasformazioni tecnologiche e, soprattuto, dei vari processi di automazione. In realtà, l’Italia ancora se la cava bene rispetto al resto dei Paesi europei: in Ue la percentuale media di coloro che verranno inficiati dall’AI è pari a 39,5.

Svezia, Belgio e Lussemburgo sono i Paesi più esposti alla competizione della tecnologia, con percentuali di posti di lavoro a rischio lievitate rispettivamente al 48,8%, al 48% e addirittura al 59,4%. Seguono a ruota la Germania e la Francia, con il 43% e il 41,4% dei lavoratori accompagnati sul lastrico della sostituzione da parte della tecnologia.

Confartigianato punta il dito contro l’AI: ecco i posti di lavoro più a rischio

Dai tecnici dell’informazione ai dirigenti amministrativi, dai commerciali agli ingegneri: sono tantissime le professioni che, in un prossimo futuro, potrebbero essere del tutto assorbite dall’intelligenza artificiale. Secondo Confartigianato i lavori più a rischio sono quelli maggiormente qualificati a livello intellettuale e amministrativo.

Salve per il momento sono invece le attività lavorative che si compiono con un’alta componente manuale non standardizzata e che proprio nel loro carattere non ripetitivo e pratico hanno trovato l’antidoto contro questa nuova insidia del mercato del lavoro.

Differenza nell’impatto dell’AI si rileverà anche a livello regionale, con la Lombardia che conduce la classifica: il 35,2% degli occupati sarà infatti messo a rischio dalle tecnologie. Seguono il Lazio (32%), Piemonte e Valle d’Aosta (27%), Campania (25,3%), Emilia Romagna (23,8%), Liguria (23,5%).

Rischi, ma anche molte opportunità: “AI deve essere mezzo, non fine”

Il rapporto di Confartigianato non sorvola però sulle caratteristiche positive di questo inedito patto tra industria e AI. Molte sono le aziende, in Italia e all’estero, che si stanno servendo delle nuove tecnologie per aumentare la loro efficienza. Nel nostro Paese, ben il 6,9% delle piccole aziende utilizza robot: si tratta di una percentuale nettamente superiore alla media europea (4,6%) e quasi doppia rispetto a quella tedesca (3,5%).

Il difficile rapporto tra intelligenza artificiale e lavoro è ben riassunto dalle parole di Marco Granelli, Presidente di Confartigianato:

L’intelligenza artificiale è un mezzo, non è il fine. Non va temuta, ma governata dall’intelligenza artigiana per farne uno strumento capace di esaltare la creativita’ e le competenze, inimitabili, dei nostri imprenditori. Non c’è robot o algoritmo che possano copiare il sapere artigiano e simulare l”anima’ dei prodotti e dei servizi belli e ben fatti che rendono unico nel mondo il made in Italy.

Insomma, è l’ennesima analisi che contribuisce ad alimentare il dibattito sul tema dell’intelligenza artificiale tra chi sostiene che fornirà un contributo fondamentale in tanti campi d’applicazione e chi, invece, teme che possa sfavorire l’occupazione più tradizionale. L’impressione generale è che solamente il tempo saprà dirci i veri effetti dell’AI.