Tra le varie voci che si alzano dai sindaci in protesta per la gestione dei meccanismi di ridistribuzione dei migranti c’è sicuramente quella del sindaco di Minerbe Andrea Girardi, fattosi portavoce di un’insofferenza piuttosto generalizzata in diversi amministratori del Paese. I numeri degli sbarchi – raddoppiati rispetto allo scorso anno – e le ricollocazioni sui territori stanno infatti mettendo a dura prova la capacità di accoglienza dei Comuni.
In questo grido di allarme piuttosto trasversale fa però particolare rumore il dissenso dei sindaci in quota Lega, soprattutto in Veneto, che da giorni denunciano l’impossibilità di continuare ad accogliere i migranti sui territori e chiedono al Governo di accelerare le procedure per l’istituzione dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr).
Migranti, il sindaco Gilardi: “Meloni ci sta mettendo l’impegno ma deve iniziare a decidere mostrando più personalità in Europa”
A far scattare la protesta del sindaci della Lega Andrea Girardi (Minerbe) e Graziano Lorenzetti (Legnago) è stata, nei giorni scorsi, l’improvvisa riapertura del Cas di San Vito di Legnago. Questo centro di accoglienza straordinaria – sito al confine tra i due comuni – è stato infatti riattivato per accogliere 51 migranti senza che i sindaci ricevessero alcuna comunicazione da parte della Prefettura.
La redazione di TAG24 ne ha parlato proprio con il sindaco Andrea Girardi che in questi giorni si è fatto portavoce della protesta dei primi cittadini veneti contrari a nuovi collocamenti di migranti sul territorio. Le ragioni del malumore della base della Lega sono ben espresse dal primo cittadino di Malerbe in questa intervista esclusiva, nella quale Girardi non fa sconti al Governo chiedendo una più decisa assunzione di responsabilità.
Sindaco Girardi, ci può spiegare cosa è successo al Cas di San Vito di Legnago – Minerbe?
«Durante il Ferragosto la Prefettura ha fatto arrivare prima 37 e poi altri 14 richiedenti asilo. Di questi sicuramente 36 provengono dalla Tunisia, dunque non da una zona in cui è in corso una guerra. Non capisco dunque come possano richiedere l’asilo politico.
Al di là di questo, il problema è che queste persone sono state portate senza alcun preavviso a Legnago. La questione interessa anche Minerbe, dato che la struttura è all’esatto confine tra i due comuni.
Io credo che prima di portare sui territori dei richiedenti asilo dovrebbero mandarci delle Forze dell’ordine aggiuntive. A Minerbe abbiamo quattro carabinieri che, con il maresciallo, stanno facendo i salti mortali per gestire un territorio di circa 12mila abitanti. Non è possibile che debbano impiegare il loro tempo per questi clandestini che ci danno parecchi problemi.
La mia denuncia è legata alla necessità di avere degli effettivi dei carabinieri in più sul territorio per risolvere i problemi che ci sono. Se dobbiamo tenerci questi richiedenti asilo almeno che ci diano le forze sufficienti. Ci sono 51 persone di cui non sappiamo nulla. Resteranno qua un po’ e poi, nel momento in cui non otterranno i documenti, si daranno alla macchia».
Lei individua dunque una responsabilità della Prefettura nella gestione di questa situazione?
«Sicuramente io ho fatto presente questa situazione anche alla Prefettura. Credo che sia che sia corretto che vengano avvisate le amministrazioni. Il sindaco è il responsabile della sicurezza e della sanità. È una questione di bon-ton istituzionale.
Capisco che anche le Prefetture siano in difficoltà, ma dobbiamo cercare di collaborare. Basterebbe una telefonata. Noi sindaci non facciamo le barricate, segnaliamo i problemi e proviamo a risolverli. Ma non è bello sapere via Facebook che è stato riaperto un Cas».
Lei si unisce dunque al coro di protesta dei sindaci veneti della Lega?
«Assolutamente. Dopo quasi dieci anni siamo ancora qui a gestire l’emergenza degli sbarchi via mare. Dobbiamo iniziare a ragionare e a risolvere i problemi. Il Governo a Roma deve avere il coraggio di prendere delle decisioni, anche forti. Sono stati eletti, hanno la maggioranza, non possono continuare a guardare a cosa dice l’opposizione».
Lei individua dunque una mancanza di polso a livello di Governo?
«Sì. Il nostro Primo ministro è una bravissima persona e ci sta mettendo l’impegno, però avere polso e risolvere i problemi è un’altra cosa. Ad oggi sta dimostrando di non avere personalità.
La Meloni vuole essere una pedina importante in Europa. Bene, ma se avessimo voluto una pedina importante in Europa ci saremmo tenuti Mario Draghi, che io rimpiango tantissimo. Draghi in Europa contava. Se l’abbiamo mandato via per mettere qualcuno che non prende decisioni per non infastidire l’Europa siamo in una impasse.
Bisogna prendere decisioni concrete, questo aspettano i cittadini. Il Governo dovrebbe mettere degli strumenti efficaci nelle mani delle Forze dell’ordine, iniziando a mandare indietro chi non ha diritto di rimanere».
Lei crede dunque sia urgente il rafforzamento dei Cpr, i Centri di permanenza per il rimpatrio?
«Assolutamente. Però non è che per rimpatriarne uno dobbiamo mandare tre carabinieri, non esiste. Facciamo dei voli di Stato e li rimandiamo tutti indietro. Non possiamo più andarci con il guanto di velluto, ci vuole polso e rigore. Altrimenti non risolveremo mai».
La sua linea è molto più netta di quella espressa ieri dal governatore Zaia che attribuiva le colpe all’Europa più che all’Esecutivo.
«Fratelli d’Italia è stata l’opposizione di Mario Draghi e ha convinto tutti – anche noi – ad andare al voto, cosa che io non avrei fatto. In ogni caso abbiamo scelto di togliere un leader forte, rispettato in Europa, per mettere un leader che il rispetto lo deve conquistare. Il problema è che così facendo non si risolvono i problemi.
Capisco gli equilibri europei e la necessità di dialogare con tutti, ma a un certo punto dobbiamo capire che l’Europa se ne frega di quello che succede qua. Soprattutto in relazione al tema immigrazione. Qui siamo schiavi delle varie onlus che si occupano di rimpatri e di salvataggio in mare. L’unico che ha fatto qualcosa è stato Salvini ed è andato anche a processo. Questo Stato ha bisogno di uno scossone forte»
Però oggi al Viminale c’è Matteo Piantedosi, che seppur «tecnico» è in quota Lega.
«Evidentemente il tecnico non va bene, ci vuole qualcuno di più decisionista. Magari il ministro ha le mani legate.
Il punto è che il Governo deve prendersi la responsabilità di iniziare a decidere. Non possiamo continuare così. Non possiamo far continuare ad arrivare gente. Anche perché a questi che arrivano cosa facciamo fare? Non siamo stati capaci neanche di trovare il lavoro a quelli che avevano il reddito di cittadinanza.
Sono 10 anni che siamo in emergenza, un classico di questo Paese. Forse è iniziato il caso di iniziare a risolvere il problema».