È ufficiale: è stato abolito il segreto salariale, ma cos’è? Di cosa di tratta? Perché è stata presa questa decisione? E soprattutto, cosa cambia per i lavoratori da questo momento in poi? Ecco tutto quello che dovete sapere sul segreto salariale (e non solo).

Segreto salariale, cos’è

Che cos’è il segreto salariale? In molti si pongono questa domanda dopo che la notizia riguardo la sua abolizione ha iniziato a fare il giro del web, dei social e dei giornali. Lo stop a questo segreto è arrivato con la direttiva Ue 2023/970 approvata lo scorso maggio. Direttiva che “si applica ai datori di lavoro del settore pubblico e privato”.

La decisione arriva dunque direttamente dall’Unione Europea ed è rivolta al mondo del lavoro. L’abolizione del segreto salariale, di fatto, vuole far fronte al problema della disparità dei salari. Non è altro che un particolare meccanismo pensato per la trasparenza retributiva.

Il segreto salariale consisteva nel fatto che i lavoratori di una stessa azienda potevano rimanere all’oscuro e non sapere quale fosse lo stipendio degli altri colleghi che svolgevano le stesse mansioni. Ora, con la direttiva europea, questo segreto non esiste più.

Il provvedimento ha ricevuto il via libera nel mese di maggio del 2023. L’Italia è chiamata a recepirlo entro il 7 giugno 2026. Ciò vuol dire che dovranno essere istituite nuovi legge affinché questa abolizione venga rispettata nei luoghi di lavoro pubblici e privati.

Perché è stato abolito?

Il motivo per cui il segreto salariale è stato abolito dall’Europa è molto chiaro: lo scopo è quello di raggiungere nei vari paesi che ne fanno parte una parità di retribuzione per uno stesso lavoro tra uomini e donne, oppure tra un lavoro di pari valore.

La nuova direttiva sulla trasparenza dei salari è contenuta in realtà in un testo già esistente. Stiamo parlando di quello che prevede l’obbligo di scrivere lo stipendio offerto in un annuncio di lavoro. Anche a proposito di questo argomento si parlava già da tempo, ma solo a maggio è arrivato il via libera.

Cosa cambia in Italia, quando e chi sono i lavoratori coivolti

La domanda che a questo punto sorge spontanea è una sola. Che cosa cambia per i lavoratori italiani? In primo luogo i lavoratori di un’azienda dovranno essere messi in condizioni di sapere qual è lo stipendio dei colleghi che svolgono le stesse mansioni.

Così, da un lato, per i dipendenti sarà più semplice accorgersi di eventuali disparità. Dall’altro i datori di lavoro saranno più incentivati ad equiparare i salari per le persone che svolgono il medesimo impiego. Nel concreto le aziende dovranno fornire informazioni sulle retribuzioni individuali.

I lavoratori saranno comunque obbligati a non divulgare in giro a quanto ammonta il proprio stipendio né a chiedere informazioni circa la retribuzioni di altre classi di lavoratori. La regola vale solo per persone che si trovano nella medesima posizione.

La richiesta dovrà comunque partire dai singoli lavoratori, che potranno avanzarle in prima persona oppure tramite i sindacati. I datori di lavoro avranno massimo due mesi per fornire una risposta veritiera, esauriente e completa. In caso di informazioni non precise si potranno chiedere ulteriori dettagli.

La direttiva Ue 2023/970 è valida per tutte le tipologie di lavoratori. Si applica ai dipendenti che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro. Ciò vale sia nel settore pubblico che nel privato.

Come abbiamo spiegato, l’abolizione è stata approvata nel maggio del 2023, ma i vari Stati europei hanno del tempo a disposizione prima di adottare le nuove regole con tutte le leggi del caso. In particolare per l’Italia c’è una “data di scadenza”. È il 7 giugno 2026. Il nostro Paese dunque ha poco meno di tre anni.