È scontro tra i Comuni e il Viminale sul tema della gestione e dei rimpatri dei migranti. Gli sbarchi senza sosta stanno infatti mettendo a dura prova la capacità di accoglienza degli enti territoriali che, a gran voce, stanno denunciando l’impossibilità di prendere ulteriormente in carico possibili – e certi – nuovi arrivi. Particolarmente critica, in questo senso, la gestione dei minori stranieri non accompagnati i quali, oltre a non poter essere espulsi dal Paese, devono essere accolti in strutture diverse da quelle destinate agli adulti.
Alle difficoltà del presente si accompagnano, poi, le preoccupazioni per il futuro. I numeri relativi agli sbarchi nei primi sette mesi di quest’anno – 89mila rispetto ai 41mila del 2022 – non lasciano ben sperare su un miglioramento a breve termine della situazione. E così alla voce degli amministratori del Pd che denunciano l’incapacità del Governo di gestire i flussi migratori si accompagna anche il monito dei sindaci del centrodestra – in particolare del Veneto – che chiedono di rafforzare immediatamente il meccanismo dei centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr).
Migranti, il sindaco Bano: “Così le cose non funzionano. Nei Cpr rimpatri immediati per chi non rispetta i requisiti”
Questa richiesta di meccanismi più stringenti per i rimpatri dei migranti non è caduta nel vuoto: entrambi i vicepremier Tajani e Salvini hanno infatti assicurato il lavoro del Governo in questa direzione, già inaugurata – ma nei fatti non compiuta – dal discusso dl Cutro.
Tra i sindaci del Veneto – coesi nella richiesta – spicca, in questi giorni, quella di Marcello Bano, il sindaco di Noventa Padovana che in questi giorni ha più volte denunciato l’impossibilità di sostenere e accettare nuovi migranti sul territorio, come spiega anche in questa intervista esclusiva per TAG24.
Sindaco Bano, dal Veneto lei si è fatto portavoce di una protesta che arriva, in modo trasversale, da molti Comuni italiani. Cosa non sta funzionando nella gestione dei migranti?
«La gestione dei migranti è di competenza governativa, non comunale o provinciale. Ognuno deve fare la sua parte, ma non mi pare si stia procedendo nella maniera migliore. Trasformare le palestre scolastiche in centri accoglienza a tre settimane dall’inizio dell’anno scolastico mi pare una strategia assolutamente sbagliata per risolvere il problema.
Noi sindaci facciamo prevalere le esigenze amministrative, al di là del colore politico e dei percorsi individuali. Non abbiamo strutture per poter accogliere tutti e non possiamo esser lasciati soli a gestire questa situazione.»
Sul Corriere della Sera di oggi il governatore Zaia richiama alle responsabilità dell’Europa. Lei invece è stato più deciso nell’individuare le responsabilità del Governo in questa fase.
«Quello che dice il governatore Zaia è assolutamente giusto. Sembra che per l’Europa Lampedusa sia solo un confine italiano invece che europeo, quando invece il problema dovrebbe essere gestito in modo collettivo. Tutti gli Stati membri dovrebbero impegnarsi a risolvere questa tematica. Invece ogni Paese va in ordine sparso, con il risultato che l’Italia si sta trasformando in un campo profughi.
Noi amministratori della Lega siamo assolutamente contrari al sistema dell‘accoglienza diffusa, che prende un problema e lo spalma sul territorio senza nessun controllo. Siamo contrari anche gli Hub, ovvero al sistema delle tendopoli: non è questa una maniera dignitosa di accogliere delle persone.
Non è neanche possibile che un’amministrazione comunale debba essere messa sotto ricatto dalla Prefettura per accettare l’accoglienza diffusa con la minaccia di nuovi Hub. Credo si tratti di un modo non corretto di rapportarsi fra istituzioni. Quello che si dovrebbe fare ora sono i Cpr, i centri per i rimpatri, per identificare le persone che arrivate sul nostro territorio non rispettano i requisiti dell’accoglienza».
Sui Centri per i rimpatri il Governo è in ritardo?
«Io non voglio fare polemica con il Governo ma bisogna dare un’accelerazione all’istituzione dei Cpr perché non è possibile assistere a fenomeni come quelli che si sono verificati ieri. Non si può utilizzare una palestra come tendopoli facendo uscire13 persone che sono di fatto diventate clandestine sul nostro territorio. Queste persone di cosa vivranno? Possiamo solo immaginare di che espedienti potranno vivere. Tenerli in struttura permette di verificarne le generalità, lasciarli liberi di scappare no. Ripeto, non è così che si risolvono i problemi: siamo completamente fuori strada».
Lei prima faceva riferimento ai rapporti tra i vari livelli istituzionali. Recentemente ha inoltre criticato il metodo per cui i richiedenti asilo vengono «lasciati con un pullman davanti al municipio come fosse un front office». Questo è accaduto anche nel suo comune, Noventa Padovana?
«No, non è accaduto ma sono successi comunque fatti gravi. Nel nostro Comune nel 2015 si è fatto un centro di accoglienza straordinaria utilizzando un albergo in cui stipare oltre 100 persone. Per la frazione interessata questo ha comportato risse, un dipendente dell’albergo è stato preso a pugni, è iniziato lo spaccio di droga con persone che già dalle otto di mattina consumavano alcol. La popolazione ha vissuto grandissimo disagio.
Senza contare, dopo tutti i vari problemi legati anche ai documenti della carta d’identità, con persone che dopo aver perso lo stato di rifugiato ottenevano il documento. Su questo anche voglio essere chiaro: come sindaco sono un funzionario di Stato civile e non rilascerò nessun documento. Qualora sarà richiesto se ne occuperà la Prefettura. Io non lo farò per nessuno, almeno finché non vengano accertate le reali generalità».
Il suo Comune quante persone accoglie in questo momento?
«Oggi noi siamo a conoscenza di sei persone. Anche qui tra l’altro si è aperta una fase delicata con la Prefettura. Fino a poco fa infatti avevamo verificato la presenza di undici persone ospitate in un ex studio medico di 60m²senza conformità urbanistica. Dopo il nostro sopralluogo la Prefettura ha ridotto il numero di queste persone a sei unità, mentre le altre cinque sono state spostate. Il tema della destinazione urbanistica rimane però in piedi. Se si possono utilizzare studi medici o negozi sfitti per stipare delle persone che hanno una loro dignità direi che siamo fuori strada».
Guardando al trend degli sbarchi, la sua preoccupazione è rivolta più al futuro che al presente?
«Certo, perché se si usano locali non consoni per l’accoglienza c’è un grande problema. Faccio l’esempio di Sergio Giordani, che oltre a essere sindaco di Padova è presidente dell’intera provincia. Nel suo comune può fare quello che ritiene, ma per quanto riguarda la provincia le sue decisioni mi riguardano. Mi dica lei se la scelta di fare una tendopoli all’interno di una palestra di una scuola superiore, a tre settimane dall’inizio dell’anno scolastico, è una modalità giusta di accogliere. Anche perché poi ci lamentiamo che le persone scappano e si pongono fuori dal nostro controllo.
Io dico che in questo modo le cose non funzionano. Occorre accelerare sui Cpr che devono essere centri chiusi in grado di identificare le persone che vengono accolte. Chi ha diritto rimane, chi è venuto qui in maniera sbagliata deve essere rispedito al suo Paese. Non ci sono alternative se vogliamo risolvere il problema. Se invece vogliamo far finta di risolverlo va bene, lasciamo le cose così».