Con l’ultimo annuncio della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la riforma fiscale sta guadagnando terreno nel panorama economico italiano. Una delle chiavi di volta di questa riforma è la reintroduzione dell’Imposta sul Reddito d’Impresa, comunemente conosciuta come IRI. Nonostante l’IRI sia stata presentata nel 2017 e successivamente messa da parte nel 2019, sembra che ora stia facendo un ritorno significativo. Si può parlare di nuova IRI o di ritorno dell’IRI? Andiamo a scoprirlo.
Nuova IRI o ritorno dell’IRI? Un’analisi storica
La storia dell’IRI inizia nel 2017, quando fu concepita come una misura per tassare separatamente i capitali personali dei soci da quelli dell’impresa. Questo sistema mirava a offrire alle società di persone un’opzione di tassazione simile a quella delle società di capitali. Ma, a sorpresa, questa imposta fu abbandonata nel 2019 a favore del regime forfetario.
La nuova IRI nella riforma fiscale del 2023
Con la recente legge n. 111 del 2023, il governo ha riportato in discussione l’IRI. Questa decisione mira a garantire una neutralità nell’approccio alla tassazione, eliminando eventuali distorsioni derivanti dalla scelta della forma giuridica dell’impresa. La riforma tende a livellare il campo di gioco tra le imprese individuali, le società di persone e le società di capitali.
Cos’è veramente l’IRI?
L’IRI, come delineato dalla Banca d’Italia, era concepita per fornire una differenziazione nella tassazione tra reddito reinvestito e utili distribuiti. Questo sistema garantisce una tassazione al 24% simile alle società di capitali, con particolari condizioni per le somme prelevate dagli imprenditori o dai soci.
L’introduzione dell’IRI è quindi vista dalla Banca d’Italia come un modo per neutralizzare le scelte imprenditoriali basate su motivi fiscali. Inoltre, l’IRI potrebbe potenzialmente rafforzare le riserve di capitali delle imprese.
Uno dei principali punti di discussione è il meccanismo di recupero dell’IRI pagata in precedenza. Ad esempio, se un’impresa ha un utile reinvestito di € 50.000 e paga una tassazione sostitutiva del 24%, come verranno gestite le future distribuzioni di questi utili? E come verranno recuperati gli importi versati in passato?
Si discute anche della possibilità di introdurre un credito d’imposta per aiutare le imprese a recuperare quanto versato in precedenza. Ma ci sono questioni aperte su come saranno gestite queste compensazioni, specialmente per le imprese con debiti fiscali pregressi.
Come funziona la nuova IRI: un riepilogo
Riepilogando, il recente articolo 5 della legge delega ha introdotto un significativo cambiamento nel panorama fiscale delle imprese italiane. Esso prevede che le imprese con contabilità ordinaria, indipendentemente dalle loro dimensioni, abbiano la possibilità di optare per un regime di tassazione uniforme, in questo caso, l’Ires al 24%. La finalità di tale scelta risiede nella volontà di garantire una tassazione equa per tutte le imprese. Tuttavia, c’è una distinzione chiara riguardo gli utili: se distribuiti ai soci, questi saranno soggetti a una tassazione progressiva.
Questo riporta in auge la questione dell’Imposta sul reddito d’impresa. Il rientro di questo regime implica una tendenza a trattenere gli utili all’interno dell’azienda. Infatti, la tassazione preferenziale del 24% si applica esclusivamente agli utili reinvestiti nell’attività. Se un imprenditore decidesse di distribuire questi utili, che altrimenti avrebbero goduto della tassazione IRI, tali utili rientrerebbero nel regime fiscale Irpef, applicabile a tutti i redditi personali dell’imprenditore.
Il sistema di tassazione IRI ricalca dunque quello dell’Ires, già conosciuto dalle società di capitali. Va notato che quando l’Imposta fu originariamente introdotto nel 2017, si prevedeva che la relativa opzione potesse essere effettuata nella dichiarazione dei redditi dell’anno di riferimento. Pertanto, se l’IRI dovesse essere reimplementato nel 2024, l’opzione potrebbe essere esercitata nella dichiarazione dei redditi del 2025.
Tuttavia, esiste una particolarità: se un imprenditore decidesse di prelevare utili per esigenze personali o distribuirli ai soci, la tassazione cambierebbe, tornando al regime Irpef. Per avere un quadro completo di come sarà tassata questa porzione di utili, sarà essenziale osservare le prossime riforme riguardanti gli scaglioni e le aliquote Irpef.
Quali vantaggi porta l’opzione IRI?
Optare per questa imposta porta con sé notevoli benefici per le aziende. Oltre al chiaro vantaggio rappresentato dalla riduzione percentuale dell’aliquota fiscale, che potrebbe tradursi in significative economie per le imprese con alti redditi, un altro elemento da sottolineare è che gli utili tassati con l’IRI escludono le addizionali comunali e regionali relative all’Irpef. Questo ulteriore risparmio potrebbe incentivare molte aziende a reinvestire i propri utili, promuovendo così la crescita e lo sviluppo del tessuto imprenditoriale italiano.