Riforma pensioni 2024, migliorano le prospettive previdenziali per i nati nel 1960 – 1962. La proroga della misura Quota 103 permetterebbe ai lavoratori appartenenti a queste classi di età di collocarsi a riposo senza dover aspettare l’età pensionabile. Oltretutto, il differimento di questa misura non rappresenta un peso per i conti pubblici. Esaminiamo dunque le prospettive della riforma delle pensioni 2024.
Riforma pensioni 2024 per i nati nel 1960 – 1962
Nel 2024, molti lavoratori potrebbero anticipare l’uscita a 62 anni con 41 anni di contributi utilizzando la misura Quota 103 bis. Si tratta di una previsione confermata dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, che ha spiegato esplicitamente i punti principali della riforma delle pensioni, o meglio, degli interventi previdenziali della Manovra 2024.
Chi può andare in pensione nel 2024?
Secondo numerosi esperti, il governo Meloni non dispone delle adeguate risorse finanziarie per rafforzare il sistema previdenziale italiano. Difficilmente nel breve termine saranno introdotte nuove misure previdenziali che permettano di anticipare l’uscita dal lavoro prima dei 67 anni di età. Molto probabilmente, le vere novità saranno introdotte a cavallo tra il 2025 e il 2026.
Da settimane ci si interroga sulla riforma delle pensioni 2024 e sulla necessità di prorogare le misure in scadenza al 31 dicembre 2023, se modificate nei requisiti, frenando la legge Fornero. Non è possibile trascurare le esigenze dei lavoratori; con la chiusura di Quota 100 e Quota 102 non c’è alcuna gradualità previdenziale, ma solo il brusco impatto della pensione di vecchiaia e della pensione anticipata ordinaria. Sicuramente, tra gli obiettivi del governo Meloni, vi è l’aumento crescente del costo della vita, una questione che affligge famiglie e imprese.
A sentire Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, nel 2024 sarà posticipata l’entrata in vigore della misura Quota 103, garantendo un’uscita anticipata per i nati nel 1960 – 1962. Tutto corretto, a meno che non si tenga conto del fatto che la misura richiede un accumulo contributivo di 41 anni di versamenti e delle altre condizioni correlate alla misura.
Più volte la Lega ha spinto nell’introduzione di Quota 41 per tutti i lavoratori. Non c’è dubbio che manchino le risorse per questa misura che permettere l’accesso alla pensione a prescindere dall’età anagrafica, ma è necessario considerare la necessità di garantire ai lavoratori la possibilità di accedere a un canale flessibile e anticipato.
D’altro canto, non vi sono garanzie sull’introduzione di Quota 41 per tutti a partire dal 2025. Sicuramente, al momento, questa misura avrebbe pesanti conseguenze sul bilancio pubblico. E non sono state fatte proiezioni a lungo termine, cioè quando avrebbe un impatto minore sulle casse pubbliche.
Chi potrà ritirarsi dal lavoro a 62 anni senza dover aspettare 67 anni di età
È necessario chiarire il punto fondamentale: a fare la differenza è l’insieme degli aventi diritto. Attualmente, la misura coinvolge 44.000 lavoratori, di cui soltanto la metà potrà richiedere il pensionamento entro il 31 dicembre 2023.
Questo per sottolineare che la Quota 103 presenta diversi limiti, tra cui il divieto di cumulo con reddito da lavoro. Questo vincolo accompagna il lavoratore fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia, altrimenti si rischia la sospensione del diritto alla pensione.
Chiaramente, questa non è l’unica penalità legata alla misura Quota 103. C’è un altro aspetto da considerare, che riguarda l’assegno corrisposto, pari a cinque volte l’importo minimo di trattamento, ovvero una somma di circa 2.800 euro al mese.
Ma non è tutto. Anche il bonus Maroni, concepito per incoraggiare i lavoratori a ritirarsi dal lavoro in anticipo, non agevola il percorso di uscita previdenziale; sembra, infatti, avere un effetto contrario.
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