Tra le nuove maggiorazioni dell’Assegno unico per i figli c’è quello della famiglia il cui genitore sia rimasto vedovo. Come in altri casi, anche in questo il nucleo familiare ha diritto a una integrazione dell’Assegno unico purché il decesso sia avvenuto non oltre i cinque anni. Al momento della dipartita, inoltre, è necessario che la persona deceduta fosse un lavoratore oppure un percettore di pensione. Le nuove regole della maggiorazione dell’Assegno unico per i figli sono fissate dal decreto legge numero 48 del 2023 (cosiddetto decreto “Lavoro”), ma occorre far chiarezza sul momento in cui inizia a decorrere la maggiorazione ai fini del calcolo di quanto spetti.
Nuove maggiorazioni Assegno unico per i figli: ecco come calcolarle e da quando spettano
Sono in pagamento anche le nuove maggiorazioni dell’Assegno unico per i figli introdotte dal decreto legge “Lavoro”. In particolare, l’Inps riconosce una maggiorazione alle famiglie in cui uno dei genitori sia rimasto vedono a condizione che il coniuge deceduto lavorasse (o fosse percettore di pensione) e che la dipartita sia avvenuta al massimo cinque anni prima. Già nello scorso anno, l’Inps e il ministero del Lavoro erano arrivati a un riconoscimento della maggiorazione per un anno, quello del decesso. Nello scorso mese di maggio, il governo è intervenuto con il decreto legge “Lavoro” per fissare le regole di fruizione della maggiorazione, di chi possa richiederla e per quanto tempo si può ottenere mensilmente.
Nuove maggiorazioni Assegno unico, ecco le novità del 2023 e a chi spettano
La nuova maggiorazione, nel caso in cui un genitore sia rimasto vedovo, decorre dal 1° giugno 2023. La data di decorrenza è fissata dall’Istituto di previdenza nella circolare numero 76 del 2023. Il provvedimento specifica, inoltre, che l’Inps riconosce la maggiorazione senza il pagamento degli arretrati. Il pagamento viene effettuato se il decesso del genitore si è verificato non prima dei 5 anni prima del giorno in cui sia stata presentata l’istanza per ottenere l’Assegno unico per i figli. Inoltre, il deceduto deve risultare, al momento della dipartita, lavoratore o percettore di pensione. Infine, l’altro genitore deve risultare lavoratore.
Al verificarsi di queste tre condizioni, l’Istituto di previdenza paga l’Assegno unico per i figli maggiorato di 30 euro al mese, nel caso in cui l’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) non ecceda i 15mila euro. Per Isee maggiori, l’importo decresce fino ad annullarsi per Indicatori di 40mila euro.
Alcuni esempi di calcolo di quanto spetta di indennità
Ecco alcuni esempi di calcolo della maggiorazione spettante alla famiglia che percepisce l’Assegno unico per i figli nel caso di decesso di uno dei due genitori. La maggiorazione non spetta se la morte sia avvenuta oltre cinque anni prima della presentazione della domanda dell’indennità. Quindi, particolare attenzione nella richiesta devono farla le famiglie il cui decesso sia avvenuto nel 2017, anno in cui non spetta l’integrazione. Nel caso in cui il decesso sia avvenuto a gennaio 2020, la maggiorazione spetta fino a gennaio del 2025 (cinque anni). Tuttavia, le rate della maggiorazione sono calcolate solo dal 1° giugno 2023 fino a gennaio 2025 (senza arretrati). Nel caso in cui il decesso sia avvenuto ad aprile dello scorso anno, fino a febbraio 2023 l’Inps ha erogato la maggiorazione seguendo l’accordo con il ministero del Lavoro. A partire dal 1° giugno 2023 spetterà la nuova maggiorazione fino ad aprile 2027.