A Maui, Hawaii, si contano ancora le vittime dell’incendio scoppiato l’8 agosto che ha praticamente distrutto l’isola e che ancora non ha un bilancio definitivo delle vittime.

Le autorità si sono fermate a 111, ma secondo la gente del luogo contattata da giornali esteri le vittime sono oltre 450, con gli obitori pieni. La notizia sembra essere confermata dall’arrivo di container frigo che vengono usati per mantenere i resti trovati nelle case arse dalle fiamme, con molti cadaveri che non possono essere riconosciuti.

Il sindaco Richard Bissen ha dichiarato che solo il 25% della città è stato ispezionato, quella parte si può riconoscere dalle enormi X arancioni su case e automobili.

I dispersi sarebbero oltre mille, i video su TikTok si moltiplicano e raccontano il dolore di un’isola distrutta: decine di famiglie morte in casa, alcune di loro trovati abbracciati in attesa della fine di una situazione parsa anche a loro senza via di scampo.

Corpi irriconoscibili, test del DNA sui resti

Più che cadaveri si parla però di resti: le case distrutte delle fiamme presentano corpi irriconoscibili, con le autorità che chiedono ai parenti dei dispersi di effettuare il test del DNA per avere notizie certe sul destino dei conoscenti. Questa operazione potrebbe durare mesi.

L’impennata delle vittime ha costretto le autorità locali a mettere in azione obitori mobili, con camion refrigerati posti al di fuori del dipartimento di polizia per conservare i resti delle vittime con alcuni testimoni che hanno dichiarato che i sacchi per i cadaveri sono terminati il primo giorno e i successivi sono stati spediti dalla terra ferma.

Nel frattempo nella giornata di ieri si è dimesso il capo dell’agenzia per le emergenze di Maui, Herman Andaya, reo di non aver attivato le sirene d’allarme, decisione da lui giustificata con il fatto che la popolazione, abituata alle emergenze tsunami, sarebbe corsa verso l’interno dell’isola andando in pasto ulteriormente agli incendi.