“Una necessità geopolitica e un’occasione che non si può sprecare” si affrettano a dire da ogni direzione ai margini dell’incontro storico tra Giappone e Corea nel summit voluto dal presidente Biden ancora in corso a Camp David.
Di nuovo insieme Corea e Giappone a Camp David
Un’incontro storico tra i due paesi asiatici in un trilaterale voluto dal presidente Biden, da molti analisti vista come una mossa strategica americana fondamentale per contenere l’espansionismo cinese.
Per Biden infatti è l’occasione per dare il via ad una “nuova era di cooperazione” e rinnovare un interesse condiviso “ad essere una forza per il bene nell’Indo-Pacifico e, francamente, anche in tutto il mondo”.
Per il leader coreano Yoon Suk-yeol è sicuramente un rischio dato che solo il 31% della popolazione è favorevole alla distensione con il Giappone: “Giorno storico dove si è stabilito una partnership fondamentale”.
Un rischio certo, ma la stretta di mano tra Fumio Kishida e Yoon Suk-yeol appare come un obbligo geopolitico per allontanare le mire del dragone.
Per il premier Yoon bisongnerà strutturare bene i rapporti tra i tre paesi per “affrontare le sfide che minacciano la sicurezza regionale con un impegno più forte a lavorare insieme”.
Una cooperazione che sarà un passo per un futuro nella regione a prescindere da altri poteri, lo stesso vale per il primo ministro nipponico Kishida ha sottolineato l’unicità dell’incontro.
“Penso significhi che stiamo facendo la storia. Vorrei ampliare e approfondire la nostra collaborazione in vaste aree, compresa la sicurezza economica, come la cooperazione su tecnologie emergenti critiche o la resilienza della catena di approvvigionamento”
Non solo diplomazia: anche azioni militari congiunte
Nel summit sarà deciso anche che Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud terranno da ora in poi esercitazioni militari congiunte e si consulteranno reciprocamente durante le crisi.
Lo ha annunciato il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, ribadendo che i leader si impegneranno a favore di “un processo di pianificazione pluriennale per le esercitazioni militari”.
Lo stesso Sullivan ha voluto rassicurare la Cina, non citandola direttamente ma sottolineando come il summit “non sia contro nessuno. Non è la Nato del Pacifico”.
Considerazioni che non hanno convinto Pechino che ha fatto sapere con un comunicato alla stampa che “l’Asia-Pacifico è un’ancora per la pace e lo sviluppo. Non dovrebbe essere trasformato in un campo di battaglia per l’egemonia geopolitica di qualcuno”.
Gli americani dal canto loro si augurano che la Cina non cada come la Russia in una sindrome dell’accerchiamento che la potrebbe portare a gesti irreversibili.
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