Il virus West Nile è una malattia trasmessa dalle zanzare che sta suscitando preoccupazione a livello globale e anche in Italia.
Questo virus, appartenente alla famiglia dei Flavivirus, è stato identificato per la prima volta in Uganda nel 1937 e da allora si è diffuso in varie parti del mondo.
Sebbene la maggior parte delle persone infette non manifesti sintomi o sviluppi solo lievi disturbi simil-influenzali, in alcune situazioni questo virus può portare a complicazioni gravi, suscitando domande sull’entità del rischio e sulle misure da prendere per prevenire e gestire questa malattia.
Scopriamo maggiori dettagli.
Si muore di virus West Nile?
La maggior parte delle infezioni da Virus West Nile non causa problemi rilevanti. Circa il 20% delle persone colpite sperimenta una sorta di febbre simile a un’influenza, che si protrae per circa 3-6 giorni.
Dopo un periodo di incubazione di 2-14 giorni, i sintomi si fanno sentire improvvisamente, con febbre (talvolta in fasi diverse), brividi, mal di testa, dolore alla schiena, stanchezza e ingrossamento dei linfonodi.
Circa la metà di coloro che presentano questi sintomi sviluppa un’eruzione cutanea leggera, una specie di rash maculopapuloso pallido che si espande dal tronco alla testa e agli arti.
Fortunatamente, solo circa una persona su cento tra quelle infette si ammala gravemente con una forma neuroinvasiva della malattia. La maggior parte di questi pazienti sviluppa una forma non grave di meningite.
In casi ancora più rari si può verificare l’encefalite, che si manifesta con cambiamenti nell’atteggiamento mentale, debolezza muscolare, paralisi flaccida, problemi di coordinazione, sintomi legati ai movimenti e disturbi dei nervi come la neurite ottica.
È importante sottolineare che la maggior parte delle persone affette dalla febbre del Nilo occidentale guarisce completamente senza problemi ulteriori.
Solo circa il 5-10% dei pazienti affetti da una forma neuroinvasiva del Virus West Nile muore, soprattutto tra gli anziani o coloro con problemi cardiaci o un sistema immunitario indebolito.
Come prevenire l’infezione da West Nile?
L’infezione da virus West Nile si previene prevenendo la puntura di zanzara. In particolare, le persone che, a causa della vecchiaia o dell’immunodeficienza, hanno un rischio maggiore di ammalarsi gravemente a causa di un’infezione, devono proteggersi.
Ciò include:
- indossare magliette/camicette a maniche lunghe e pantaloni lunghi in luoghi con note infestazioni di zanzare;
- stare in casa o in stanze con aria condizionata la sera;
- usare repellenti e insetticidi;
- usare zanzariere e sbarre alle finestre.
Un vaccino attualmente non è ancora disponibile.
Come si cura il virus West Nile?
Quando si tratta della febbre del Nilo occidentale, l’approccio terapeutico si concentra sulla gestione dei sintomi. Purtroppo, non esiste ancora un farmaco specifico per eliminare il virus responsabile di questa malattia, poiché non è stato sviluppato alcun trattamento mirato.
Gli antibiotici, che agiscono contro i batteri e non contro i virus, risultano inefficaci in questo contesto.
Nel trattamento della febbre stessa, si dimostrano preziosi i farmaci antipiretici come l’ibuprofene o il paracetamolo. L’uso di impacchi freschi sulle caviglie contribuisce altresì a ridurre la temperatura corporea. Durante questo periodo, è fondamentale concedere al corpo il riposo necessario e mantenere una buona idratazione attraverso un’adeguata assunzione di liquidi.
Nel caso in cui si verifichino sintomi di nausea o vomito, è possibile che il medico prescriva farmaci per ridurre queste sensazioni, come il dimenidrinato. Parallelamente, l’adozione di alimenti leggeri come fette biscottate o brodo può risultare benefica.
Nel raro caso in cui la febbre del Nilo occidentale si manifesti in forma grave, il medico consiglierà l’ospedalizzazione. Qui, l’approccio terapeutico potrebbe intensificarsi attraverso l’uso di infusioni intravenose per garantire una corretta idratazione.
Quanto al corso della malattia e alla prognosi, la febbre del Nilo occidentale generalmente presenta un buon decorso, specialmente nei bambini.
Tuttavia, le persone sopra i 50 anni o con patologie come il diabete o l’immunodeficienza sono più suscettibili a forme gravi. È da notare che circa la metà dei pazienti che sviluppano un’infiammazione cerebrale (encefalite), con danni neurologici o problemi visivi. L’encefalite, nelle circostanze più gravi, può risultare fatale nel 15-40% dei casi, soprattutto tra gli anziani o coloro con patologie cardiovascolari o immunodeficienza.