Pensioni di invalidità o assegno ordinario di invalidità e possibilità di cumulo con i redditi da lavoro: ecco entro quali limiti si può svolgere un’attività considerando che il trattamento si riduce proporzionalmente. In particolare, chi percepisce un assegno ordinario di invalidità e risulti lavoratore alle dipendenze nel settore privato, avrà una riduzione dell’assegno stesso al superamento di specifiche soglie. Per definire quale sia il taglio dell’assegno di invalidità, tuttavia, è necessario rifarsi a quanto prevede la legge numero 335 del 1995, che prevede il taglio del trattamento per chi svolga un lavoro alle dipendenze, di impresa oppure autonomo.
Pensioni di invalidità e possibilità di cumulo redditi da lavoro: cosa c’è da sapere
Cosa avviene se un percettore della pensione di invalidità o dell’assegno ordinario di invalidità lavori alle dipendenze, oppure in maniera autonoma? La legge 335 del 1995 prevede una proporzionale riduzione del trattamento, nel momento in cui, con il reddito da lavoro, il contribuente dovesse superare specifiche soglie. In particolare, il trattamento di invalidità risulta ridotto di un quarto (ovvero del 25 per cento) se il reddito prodotto dall’attività lavorativa del contribuente risulti superiore di quattro volte l’importo del trattamento minimo annuo, quest’ultimo da calcolare moltiplicando per tredici l’importo mensile alla data del 1° gennaio di ogni anno.
La seconda soglia prevista del cumulo del reddito da lavoro e della pensione di invalidità o dell’assegno ordinario di invalidità riguarda la misura corrispondente al 50 per cento del taglio del trattamento nel caso in cui il reddito da lavoro risulti di cinque volte superiore al trattamento minimo annuo, sempre calcolato come importo mensile da moltiplicare per tredici del valore risultante al 1° gennaio di ogni anno.
Pensioni di invalidità, quali sono le decurtazioni se si lavora?
Oltre alle due riduzioni del 25 e del 50 per cento della pensione di invalidità o dell’assegno ordinario di invalidità, sussiste anche un terzo taglio del trattamento nel caso in cui l’assegno risulti di importo maggiore rispetto al trattamento minimo. In tal caso, la quota parte risultante dalla differenza subisce una seconda riduzione se l’anzianità contributiva con la quale si sia calcolato l’assegno stesso, risulti inferiore a 40 anni di contribuzione.
Per i lavoratori alle dipendenze, la seconda decurtazione è pari al 50 per cento della quota eccedente, purché il taglio non superi il reddito prodotto dal contribuente. Nel caso in cui il contribuente svolga un lavoro autonomo, il secondo taglio è pari al 30 per cento della quota eccedente il trattamento minimo. La riduzione non può superare il 30 per cento del reddito prodotto dal contribuente.
Cumulabilità assegno d’invalidità e lavoro: chi versa le trattenute?
Per quanto concerne le trattenute in caso di non cumulabilità, queste devono essere effettuate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori. Pertanto, questi ultimi sono tenuti a dichiarare la propria situazione di pensionati. Il datore di lavoro deve versare quanto trattenuto sulla retribuzione del lavoratore all’ente che eroga l’assegno di invalidità.
Nel caso di pensione di invalidità, la trattenuta viene effettuata direttamente dall’ente erogatore del trattamento nei casi in cui si verifichi una tardiva liquidazione della pensione oppure l’attività lavorativa del contribuente venga effettuata all’estero. In questa situazione, il percettore deve dichiarare all’ente che eroga la pensione di invalidità il giorno di inizio dell’attività lavorativa, qual è il numero delle giornate lavorative e l’importo che si percepisce mensilmente dall’attività stesa. Inoltre, il pensionato deve dichiarare all’ente erogatore della pensione il possesso di redditi derivanti da lavoro autonomo.