Ivan Gazidis arrivò al Milan nel 2018, il fondo Elliot cercava un manager capacare di rilanciare la società rossonera dopo anni di torpore con risultati scadenti e mercati disastrosi. Il dirigente sudafricano ricostruì il club inserendo figure dirigenziali come Paolo Maldini andando a ricreare quell’entusiasmo ormai perso fino alla vittoria dello scudetto nel 2022, anno in cui ha lasciato Milano con l’arrivo della nuova proprietà. Gazidis ha ripercorso i quattro anni in rossonero sul canale Youtube ‘Business of Sport‘, podcast hostato dai fratelli Charlie & Harry Stebbings.
Gazidis ripensa al Milan
Nato a Johannesburg in Sud Africa ma inglese di adozione visto che si è trasferito a Manchester a quattro anni dove ha studiato prima di entrare in una società legale negli Stati Uniti. Proprio in America entra nel mondo del pallone nel 1994 diventando uno dei fondatori della gestione della Major League Soccer fino a ricoprire nel 2001 l’incarico di vice commissario. Egli ha anche supervisionato le decisioni strategiche di marketing e business della lega d’oltreoceano contribuendo anche a promuovere la Federazione calcistica del Messico e la CONCACAF Gold Cup.
Nel novembre del 2008 torna in Europa accettando l’incarico di amministratore delegato dell’Arsenal. Nove anni a Londra gestendo l’addio di Arsene Wenger per lasciare nel 2018 quando il fondo Elliot lo chiama a ricoprire il ruolo di amministratore delegato e direttore generale del Milan. Un club da ricostruire dopo i diciotto mesi di presidenza Li Yonghong con il problema stadio San Siro che manteneva inalterato il fascino della struttura storica ma non si adeguava alle ambizioni di un club che voleva tornare fra i primi al mondo.
Il club non era in condizioni ottimali da un po’ di tempo, non si qualificava in Champions League da sette anni e non vinceva lo scudetto da undici. Il Milan fu preso in carico dal fondo Elliott poiché la proprietà cinese non fu in grado o non volle ripagare i debiti che si era creata per acquistare il club e quindi il Milan era in una vera e propria crisi. Mi ricordo una delle prime partite, perdevamo 0-3 in casa e la Curva Sud abbandonò lo stadio durante la partita, quindi giocavamo con la parte di stadio in cui dovevamo segnare… vuota. Il club perdeva circa 150 milioni di euro all’anno e c’era il rischio che si arrivasse a toccare i 200, poiché nonostante fecero un mercato molto costoso il rendimento della squadra in campo non era di alto livello, quindi ci furono un sacco di sfide per noi.
C’erano pochi sponsor esteri, due terzi degli sponsor erano italiani e avevamo uno stadio che nonostante fosse bello e storico era in condizioni non eccellenti, con delle aree che per quanto pericolose erano sono tutt’oggi chiuse al pubblico. Gli accessi per i disabili sono pochi e i bagni è meglio evitarli, specialmente se sei una donna. La situazione non era rosea e io sono arrivato scelto da un fondo di New York e non conoscendo la lingua italiana, un fondo in cui la gente non credeva molto.
Loro hanno ereditato il club non per scelta ma perché c’era il rischio di default e di conseguenza si sono trovati a dover gestire il Milan. Avrebbero potuto approcciarsi in vari modi a quest’avventura, avrebbero potuto tagliare i costi e vendere il club immediatamente così da ricavarci subito dei soldi, ma hanno deciso di non farlo. Hanno deciso di incaricare un amministratore delegato per ribaltare la situazione, io sono arrivato ed ho dovuto affrontare subito svariati problemi, ma l’ho fatto sempre con il loro pieno supporto
La scelta Maldini e lo scudetto
Una ristrutturazione completa cominciata con i quadri dirigenziali. Il ritorno di Paolo Maldini in società è stato il primo colpo vincente di Ivan Gazidis, l’ex difensore rossonero finalmente tornava a far parte della famiglia in cui era cresciuto potendo dimostrare tutte le sue qualità anche fuori dal campo. A livello di organico sono state necessarie delle decisioni impopolari come l’addio a parametro zero di giocatori come Gianluigi Donnarumma, Hakan Çalhanoğlu e Franck Kessie per non appesantire troppo il bilancio. I sostituti erano ragazzi giovani e di talento che avevano un impatto minore sotto il punto di vista economico.
Il Fondo Elliott ha rivoluzionato completamente il management, sia a livello sportivo che commerciale, e da lì abbiamo avuto subito tanto da fare per sistemare la squadra. Il primo pensiero è stato quello di abbassare il monte ingaggi, perché non potevamo permetterci di perdere tutti quei soldi, al contempo però dovevamo anche migliorare il rendimento in campo, quella era la vera sfida.
Abbiamo assunto Moncada, un capo scout di livello mondiale, e un team di osservatori esperti, unendo queste due cose abbiamo ottenuto subito risultati eccellenti. Dopodiché abbiamo individuato Paolo Maldini come direttore sportivo, mi ha subito impressionato. Paolo non solo ha portato il suo carisma, ma è stato in grado di creare dei veri e propri rapporti padre-figlio con i giocatori più giovani. Paolo è stato bravissimo.
Il primo anno abbiamo venduto e addirittura lasciato andare via a 0 alcuni dei nostri giocatori. La gente era scettica, ma noi li abbiamo avvisati che avremmo comprato dei giocatori giovani che sarebbero diventati forti. Ho sentito la pressione da parte dei tifosi, certo. Con il tempo però ho imparato che devi fare ciò in cui credi. Devi concentrarti su ciò che ritieni giusto e fare capire alla gente che stai facendo ciò che è giusto
Un progetto complicato ma che ha portato ad un traguardo come lo Scudetto nella stagione 2021/22 dopo undici anni di attesa. Poi l’addio con il cambio di proprietà e l’arrivo del fondo americano RedBird Capital Partners che ha effettuato un nuovo processo di rinnovamento nella dirigenza. Il tricolore davanti l’Inter rimane per Gazidis quindi la soddisfazione più grande.
Il momento sportivo più iconico in cui sono stato coinvolto per me rimane lo Scudetto vinto con il Milan. La immagini della festa nelle strade della città non riescono a descrivere cosa è stato realmente. Tutta Milano è stata chiusa, e non potevamo muoverci con il pullman. Cinque ore per fare poco più di un chilometro, e abbiamo concluso in Piazza del Duomo, in centro. Chiunque sia stato lì quella giornata non la dimenticherà mai per il resto della propria vita