Il caro voli è ancora al centro della guerra tra Italia e compagnie aere lowcost.
Per le compagnie aeree il decreto italiano per la regolamentazione dei prezzi dei voli non è accettabile, senza margine di compromesso, hanno chiesto ufficialmente alla commissione europea di intervenire.
Sul “caro voli” il compromesso non si trova con le lowcost
La protesta è firmata dall’ente Airlines for Europe (A4E), che rappresenta tra gli altri Air France-Klm, Lufthansa e Ryanair. Nella lettera si invita la commissione europea “a chiarire con l’Italia che questo intervento ha un impatto sul mercato del trasporto aereo libero e deregolamentato in Europa”.
Una protesta degna dei migliori liberisti, peccato che la stessa Ryanair in Italia abbia preso contributi a più mani negli ultimi anni, da quasi tutti gli aeroporti del belpaese. Regolamentando di fatto lei stessa un mercato che ora dichiara di voler deregolamentato.
L’approccio utilizzato nell’ultimo decennio ha portato il sistema aeroportuale al collasso, con la compagnia irlandese grande protagonista nella cannibalizzazione che ha spodestato qualunque concorrenza.
Si stima che la compagnia irlandese Ryanair abbia incassato negli ultimi quindici anni più di un miliardo di contributi dallo stato italiano, i dati precisi però sono conservati e tenuti ben nascosti dal nostro ministero dei trasporti.
Ryanair non ha fatto tutto da sola certo, lo ha fatto a braccetto con la politica, specialmente quella locale. Lo ha fatto con contratti blindati che hanno solamente svuotato le casse delle regioni, ingenuamente pronte a tutto per sostenere i propri aeroporti con piani marketing e rotte che poi sono risultate insostenibili.
Per le compagnie il governo non può fare come gli pare
Secondo la lettera vista dal Financial Times le preoccupazioni delle compagnie riguardano specialmente la loro libertà nell’imporre prezzi e rotte in base alle esigenze del business, senza considerare che la mobilità dovrebbe essere un diritto acquisito.
“Siamo fortemente preoccupati che se questa legge venisse adottata, potrebbe creare un precedente e portare a un effetto domino con conseguente adozione di regolamenti simili in altri Stati membri dell’Ue“, ha scritto l’amministratore delegato di A4E, Ourania Georgoutsakou. Limitare le tariffe su queste rotte “violerebbe” i diritti delle compagnie aeree “di competere laddove possibile”.
Le compagnie quindi chiedono libertà per competere, ma fino a oggi, in un mercato europeo deregolamentato, i prezzi competitivi frutto di concorrenza sin sono visti poco. Quello che invece si nota di più è un’ascesa arbitraria dei prezzi.
La sensazione dei viaggiatori-consumatori è che il prezzo dei voli non venga generato dalle regole di domanda-offerta, ma invece viene fuori da un accordo di cartello tra le compagnie. Pratica questa che produce quasi sempre alti livelli di speculazione.
Niente limiti e briglia sciolte sulla profilazione
Fissare i prezzi e definire i servizi come meglio credono le compagnie non può prescindere dalle esigenze pubbliche dell’Italia. La strada per il compromesso resta piena di ostacoli, dato che la stessa Ryanair non ha certo usato toni distensivi, minacciando di tagliare molte rotte se il governo non cambierà idea. Sicuramente un buon modo per rasserenare gli animi.
Secondo il piano italiano invece, le tariffe aeree durante l’alta stagione dovrebbero essere limitate ad un aumento del 200 per cento rispetto ai prezzi medi per le rotte più periferiche.
Questo limite non piace alle compagnie come non piace per niente il divieto degli algoritmi di profilazione, vera e propria arma ambigua di processazione del prezzo.
Con la profilazione infatti, per generare il prezzo non si guarda più al mercato ma al singolo cliente. Una modalità che se portata all’estremo, potrebbe far generare due prezzi diversi anche tra due componenti della stessa famiglia, se solo questi comprano i biglietti separatamente da device diversi. Oltre il danno del mercato bloccato, ora anche la beffa del doppio prezzo tra marito e moglie.
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