Era il 18 luglio scorso quando scoppiò un caso internazionale alquanto curioso: un soldato semplice Usa, Travis King, ha chiesto asilo politico in Corea del Nord. Il giovane militare, appena 23enne, faceva parte del contingente di 28mila unità stanziati presso la Corea del Sud. Il ragazzo avrebbe da lì passato illegalmente la frontiera tra le due coree, gesto che è stato interpretato da Pyongyang come l’ammissione delle disuguaglianze della società americana, solcata da discriminazioni razziali.
Al momento, i piani alti dell’esercito americano considerano King un disertore. Il giovane soldato aveva già causato turbolenze all’interno della sua squadra: durante la trasferta sudcoreana, per lui era arrivata una condanna per aggressione, che King aveva scelto di espiare con i lavori in un campo, al posto del pagamento di una sanzione pari a 4mila dollari.
Una volta terminata la propria pena, King non sarebbe mai rientrato nel suo contingente, venendo dichiarato “assente senza permesso”, situazione che potrebbe portare anche al temibile congedo con disonore.
Soldato Usa passa il confine verso la Corea del Nord, la KCNA: “Disilluso sulla società americana, chiede asilo”
Una volta passato il confine dalla Corea del Sud alla sua gemella più a nord, King è stato immediatamente fermato dalla polizia di Pyongyang: così la KCNA, l’agenzia di stampa ufficiale del regime, ha ricostruito i primi minuti nordcoreani del fuggiasco americano. Sempre secondo l’agenzia, importante strumento di propaganda del Governo di Kim Jong Un, il soldato Usa avrebbe detto di «albergare risentimento contro il trattamento disumano e la discriminazione razziale subita nell’esercito degli Stati Uniti» e di aver dunque chiesto asilo alla Corea del Nord.
Il caso ha suscitato molta curiosità a livello internazionale e grande mistero: è certamente impossibile verificare l’attendibilità di quanto riportato dalla KCNA, essendo l’agenzia un organo d’informazione deliberatamente vicino al regime nordcoreano. D’altra parte, la situazione è quantomai insolita: l’arresto di King risulta essere il primo fermo di un cittadino americano in Corea del Nord negli ultimi 5 anni.
Inoltre, Pyongyang non è nuova ad accuse di strumentalizzazione degli arresti perpetrati su cittadini stranieri per ottenere concessioni diplomatiche: anche il caso di Travis King potrebbe dunque inserirsi in questa casistica.
Analista della Cia: “Questa è al 100% propaganda”
L’ex analista della Cia, Soo Kim, esperta nelle questioni coreane, ha pochi dubbi sulla strana faccenda che ha coinvolto il soldato semplice del Texas: «Questa è al 100% propaganda», dice senza mezzi termini. Poi puntualizza:
King non ha la minima possibilità di incidere su come la Corea del Nord decide di impostare la sua narrativa del caso. Forse il regime cercherà di negoziare il destino di King in cambio di concessioni economiche e molto probabilmente i negoziati saranno lunghi e difficili.
In tutto questo curioso caso, una sola cosa sembra dunque sicura: se la Corea del Nord intenderà strumentalizzare quanto accaduto, le trattative per il rilascio di King saranno complesse. I problemi non riguardano solo i rapporti molto arrugginiti tra le due potenze, ma anche questioni tecniche: non esiste un trattato di pace che abbia suggellato la guerra del 1950-53 tra le due Coree, con gli Usa schierati a favore della Corea del Sud. Di conseguenza, non sono mai stati attivati canali diplomatici ufficiali, se non attraverso l’ambasciata della Svezia, i cui funzionari non sono però mai tornati a Pyongyang dopo l’espulsione degli stranieri dovuta al Covid.