Video festa Segre: in seguito alla festa per le partecipazioni al matrimonio che è stata organizzata in una villa di Torino e che non ha avuto proprio i risvolti che si attendevano, dove il futuro sposo ha annunciato la fine della relazione a causa dell’infedeltà della sua compagna, è stata posta attenzione al caso da parte del Garante della privacy.
Nello specifico, durante la festa l’uomo ha preso la parola su un palco ed ha annunciato il tutto ripreso da un telefonino di un partecipante della festa, per poi essere postato sui social network.
Prendendo spunto, quindi, da quanto è accaduto la scorsa sera, all’interno di questa breve guida andremo a vedere insieme il contenuto della nota che è stata pubblicata da parte del Garante della privacy (in cui si pone la massima attenzione ai video che diffondono i dati personali che appartengono alla sfera affettiva e sentimentale di un’altra persona, senza il consenso da parte di quest’ultima), nonché andremo ad approfondire che cosa prevede la legge e il codice penale in merito a tale vicenda o ad altre simili ad essa.
Video festa Segre: il Garante della privacy apre un’istruttoria ed indaga per l’accertamento di eventuali responsabilità in merito alla diffusione dei dati personali. La nota pubblicata sul sito web
Prendendo spunto da quanto è accaduto dopo la pubblicazione del video della festa per le nozze tra Massimo Segre (noto banchiere di Torino) e Cristina Seymandi (nota imprenditrice con un interesse per quanto riguarda il mondo della politica), il Garante della Privacy ha pubblicato all’interno del proprio sito web una nota ufficiale ponendo l’attenzione su una tematica tanto delicata quanto attuale riguardante la diffusione dei dati personali senza consenso dell’altro soggetto.
Ecco, nello specifico, il contenuto della nota che è stata pubblicata durante il corso della giornata di lunedì 14 agosto 2023 da parte del Garante:
“Il Garante, in relazione alle notizie diffuse dalla stampa e al video della festa organizzata in una villa di Torino nel corso della quale un noto professionista ha rivelato dati e informazioni sulla vita privata della sua ex partner e di terzi, sta procedendo all’avvio di un’istruttoria al fine di accertare eventuali responsabilità connesse alla violazione della vigente disciplina sulla privacy.
L’istruttoria sarà, in particolare, volta a accertare il possesso – da parte dei diversi soggetti che hanno proceduto, a diverso titolo, anche attraverso video, alla diffusione dei dati e dei contenuti in questione – di un’idonea base giuridica.
Frattanto il Garante richiama l’attenzione degli utenti dei social media e degli organi di informazione sul necessario rispetto della vita privata delle persone con particolare riferimento alla diffusione di dati personali relativi a relazioni sentimentali, come tali suscettibili di incidere in modo particolare sulla vita delle persone coinvolte, sulla loro reputazione e sulla loro sfera affettiva.”
Può essere applicato il reato di diffamazione? Andiamo a vedere cosa dice la legge
Menzionando la parola “reputazione” il Garante della privacy parla implicitamente del rispetto di quanto viene disposto all’interno dell’art. 595 del codice penale, recante il “Reato di diffamazione”, riservandosi logicamente di lavorare per verificare se possa o meno essere applicata la situazione del sopra citato video alla detta previsione normativa.
A tal proposito, il suddetto articolo, specificando anche quelle che sono le sanzioni che vengono applicate alle singole casistiche che si vengono a presentare, dispone quanto segue:
“Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.
Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.
Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.”