A Siena sono i giorni del Palio. Dopo l’assegnazione dei cavalli il 13 agosto si aspetta la carriera del 16 quando le dieci contrade si contenderanno il drappellone dipinto da Marco Lodola. Nelle stanze del palazzo comunale intanto è depositata la richiesta di un referendum popolare che di fatto chiede l’abolizione delle manifestazioni storiche con la partecipazione di animali. Ci vogliono 500mila firme per arrivare al referendum ma a Siena, come previsto, non è stata raccolta una-firma-una. Per sapere che cosa succede negli altri comuni occorrerà aspettare il 15 settembre.
Non è la prima volta che il Palio di Siena è sotto attacco. Nel ’91 il regista fiorentino Franco Zeffirelli lancia l’offensiva, subito sostenuto da Brigitte Bardot. Sono botte da orbi. I personaggi che scendono in pista sono celebri nel mondo e l’attacco mediatico è forsennato. E pensare che nasce tutto da un rifiuto del sindaco. Zeffirelli, infatti, è ingaggiato dalla Regione per registrare uno spot che promuova la Toscana nel mondo e il regista pensa anche a immagini del Palio visto dalla Torre del Mangia. “No, non è possibile” è la risposta di Piccini a Zeffirelli che si arrabbia tantissimo. Definisce i senesi “comunisti e bestemmiatori”. È un attacco forsennato alla Festa e a Siena. Il sindaco lo querela. La lite giudiziaria va avanti per anni davanti al tribunale di Roma.
L’attacco del ’91 e la reazione guidata da Mario Luzi
Ma la reazione non è solo quella legale. Nasce l’idea di un appello di intellettuali, artisti e politici in difesa del Palio. Il primo firmatario è Mario Luzi, il poeta fiorentino innamorato di Siena. Poi aderiscono il premio Nobel Rita Levi Montalcini, il presidente del consiglio di quel periodo Giuliano Amato, lo scrittore Giorgio Saviane, l’europarlamentare Enrico Ferri, i calciatori Walter Zenga e Alessandro Altobelli, l’avvocato Paolo Barile, il giornalista Antonio Ghirelli e tanti altri. Il Palio non è solo, non è mai stato solo perché “è una festa autenticamente popolare, che ha attraversato i secoli di un intero millennio per giungere ai giorni nostri mantenendosi quale genuina espressione di un popolo, della sua storia civica e della sua cultura”. E questo è.
Stefano Bisi