La Procura di Verona ha aperto un nuovo fascicolo d’inchiesta per fare luce sulla morte di Lorenzo Casini, il cameriere di 22 anni trovato senza vita in casa ad Albarè di Costermano del Garda a inizio 2019. A chiederlo a gran voce erano stati i familiari che, fin dall’inizio, avevano rigettato con fermezza l’ipotesi – avanzata dagli inquirenti – che il giovane potesse aver deciso di togliersi la vita, impiccandosi.
Riaperte le indagini sulla morte di Lorenzo Casini a Verona: fu suicidio o omicidio?
Era stato trovato a terra, inerme, con un guinzaglio per cani stretto intorno al collo, vicino alla scala a chiocciola che collega i due piani della casa che aveva preso in affitto. Poco prima aveva scritto ad un’amica di stare male, aveva assunto dei tranquillanti. Per questo gli inquirenti avevano ipotizzato che Lorenzo Casini, 22 anni, si fosse tolto la vita, forse dopo una delusione amorosa. A dare l’allarme, dopo averne trovato il cadavere, era stato il coinquilino e collega del giovane.
Da allora la madre, Elisabetta Casini, ha fatto di tutto per scoprire la verità sulla sua morte. A quattro anni dai fatti, con la riapertura delle indagini da parte della Procura di Verona, ha dichiarato al Corriere:
Era evidente che sulle circostanze della morte di mio figlio c’erano tante, troppe cose strane, troppi punti che non tornavano. Ho cercato di far riaprire il caso in ogni modo in questi anni, organizzando manifestazioni e raccogliendo firme. Tutto invano, ma ora finalmente è arrivata la notizia che tanto aspettavo. Adesso vedo giustizia e verità più vicine.
La svolta è arrivata nell’ambito delle indagini difensive condotte dagli avvocati e dai consulenti di parte della donna. Sarebbero stati loro ad accorgersi che le immagini di una videocamera di sorveglianza installata all’interno dell’appartamento di Lorenzo erano state manipolate, il giorno dopo il sequestro. E che sul guinzaglio c’erano ben due tracce di Dna maschili, entrambi non appartanenti alla vittima.
L’ipotesi avanzata dalla madre
Il caso venne chiuso in fretta e furia, neanche l’autopsia venne fatta. Ma io ho denunciato per omissione di soccorso la migliore amica, il coinquilino e l’ex fidanzato di mio figlio,
aveva spiegato la madre al Corriere della Sera. E aveva aggiunto:
Quella notte Lorenzo prese una forte dose di un farmaco per dormire. A dargliela sarebbe stato il coinquilino. Ma lui era ai medicinali. E dopo aver assunto il farmaco, si sentì male. Ma chiese aiuto. Inviò via WhatsApp dei messaggi all’amica del cuore dicendole che stava male e implorandola di raggiungerlo a casa. Lei però doveva andare al bar e avvertì l’ex fidanzato. Nessuno si mosse. Anche il collega di lavoro che poi trovò il cadavere all’1:20 sapeva che stava male. Nessuno andò da lui, e nessuno chiamò i soccorsi o mi avvertì. Mio figlio è morto per una telefonata non fatta.
Ora che il fascicolo a loro carico è stato archiviato, se ne è aperto un altro, per il momento a carico di ignoti. La speranza di Casini, rimasta per tempo inascoltata, è che finalmente si possa arrivare a fare chiarezza sulla morte del figlio.
Chi era la vittima
Lorenzo era tornato in Italia da poco, dopo un periodo trascorso all’estero. Pensava da un po’ di riprendere gli studi ma, nel frattempo, lavorava come cameriere e prestava soccorso come volontario della Cri, la Croce Rossa Italiana, in ambulanza. Secondo la madre
era un ragazzo gioioso, amava la vita e aveva tanti amici.
Al suo ricordo è dedicata la panchina bianca inaugurata il 30 ottobre scorso nel parco Rimembranza di Garda.