Si indaga sull’omicidio che a San Giovanni in Persiceto, a Bologna, ha provocato la morte di un cittadino straniero di 30 anni, ancora non identificato, morto dissanguato dopo essere stato colpito al cuore con una coltellata. Nelle scorse ore i carabinieri hanno tratto in arresto una persona, un 22enne della zona: è accusato di aver inferto alla vittima la ferita mortale.
Omicidio a San Giovanni in Persiceto (Bologna): 30enne accoltellato al cuore, fermato un giovane
In cinque, dopo l’accoltellamento, erano stati portati in caserma e ascoltati dagli investigatori di turno come “persone informate dei fatti”: uno di loro, un 22enne, sarebbe stato fermato, alla fine, con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Sarebbe stato lui, infatti, a colpire con un coltello, al cuore, il 30enne straniero morto lo scorso 12 agosto in un parco che si trova alle spalle del cimitero di San Giovanni in Persiceto, a Bologna.
Non si sa perché lo abbia fatto. Secondo alcuni testimoni, coloro che, dopo l’aggressione, avrebbero allertato le forze dell’ordine, l’uomo, ancora non identificato (sembra che avesse con sé i documenti di un’altra persona), avrebbe infastidito il gruppo di giovani, arrivando a brandire contro di loro il ramo di un albero, per motivi ancora da chiarire.
A quel punto il 22enne avrebbe tirato fuori un coltello, colpendolo al petto. Gli altri, rendendosi conto dell’accaduto, avrebbero provato a soccorrerlo, ma invano: la ferita, molto vicina al cuore, avrebbe reciso un’arteria, facendo sì che il 30enne morisse dissanguato poco dopo. All’arrivo dei carabinieri, giunti sul posto in seguito alle numerose segnalazioni dei presenti, per lui non c’era già più niente da fare. Non si sa se le videocamere di sorveglianza installate nel parco abbiano ripreso o meno la scena.
Fondamentale, quindi, sarà la testimonianza di coloro che hanno assistito all’accoltellamento. Bisognerà stabilire, infatti, il movente del gesto. Per ora si parla di futili motivi.
Si indaga intanto sulla morte di Mahmoud Abdalla a Chiavari (Genova)
Il 19enne, di origini egiziane, era arrivato in Italia nel 2021 a bordo di un barchino carico di migranti attraverso il Mediterraneo. Il suo obiettivo era costruirsi un futuro migliore e arrivare ad aiutare i suoi genitori, rimasti in patria. A Sestri Ponente, in provincia di Genova, faceva il barbiere. Secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe stato ucciso e fatto a pezzi dai suoi datori di lavoro, Ahmed Gamal Kamel Abdelwahab e Mohamed Ali Abdelghani, di 27 e 26 anni.
Presto avrebbe cambiato luogo di lavoro: i due non accettavano che, andandosene, il ragazzo avrebbe potuto portare con sé i loro clienti. Appena un mese prima li aveva denunciati alla Guardia di Finanza perché, come altri ragazzi, lavorava in nero, venendo sfruttato e mal pagato. Lo avrebbero quindi attratto in una trappola, forse con la promessa di dargli i soldi che gli spettavano (“gli dovevano degli stipendi”). Poi, approfittando di un suo momento di distrazione, lo avrebbero colpito con un punteruolo, dritto al cuore.
Dopo averlo caricato in una valigia, avrebbero trasportato il corpo (servendosi di un taxi) fino a una spiaggia di Chiavari, dove l’avrebbero mutilato e gettato in mare. Il loro intento era fare in modo che non venisse ritrovato e che, nel caso, l’identificazione fosse più complicata. Le acque, invece, l’avevano restituito, pezzo per pezzo. E i successivi accertamenti avevano portato a loro. Il gip che ne ha disposto il fermo li ha definiti “irosi”, “vendicativi” e “propensi alla violenza gratuita”. Sono accusati di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e soppressione di cadavere. Si pensa che avessero premeditato il delitto.
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