Salario minimo a 9 euro: attraverso la proposta di legge che è stata presentata nella Camera dei Deputati in data 4 luglio 2023 è stata recentemente discussa l’ipotesi relativa all’introduzione del c.d. salario minimo.
La proposta di legge, nello specifico, è stata avanzata da parte dei seguenti deputati:
- Giuseppe Conte;
- Nicola Fratoianni;
- Matteo Richetti;
- Elly Schlein;
- Angelo Bonelli;
- Riccardo Magi;
- Eleonora Evi;
- Francesco Silvestri;
- Luana Zanella;
- Giulio Sottanelli;
- Chiara Braga;
- Cecilia Guerra;
- Valentina Barzotti;
- Francesco Mari;
- Antonio D’Alessio;
- Arturo Scotto;
- Davide Aiello;
- Dario Carotenuto;
- Emiliano Fossi;
- Chiara Gribaudo;
- Mauro Laus;
- Marco Sarracino;
- Riccardo Tucci;
- Marco Grimaldi;
- Debora Serracchiani;
- Andrea Orlando.
Senza indugiare ulteriormente, quindi, andiamo subito a vedere insieme il contenuto della proposta di legge che è arrivata dalle forze di opposizione della Camera dei Deputati ed, in particolare, quali potrebbero essere i pro e i contro di questa nuova misura.
Salario minimo a 9 euro: ecco che cosa prevede la proposta di legge che è stata presentata alla Camera dei Deputati
L’art. 2 della proposta di legge che è stata presentata alla Camera dei Deputati disciplina quella che è la retribuzione complessiva che può essere ritenuta sufficiente e proporzionata alla quantità, ma anche alla qualità del lavoro che viene effettuato.
A tal proposito, ecco il contenuto della proposta:
“Il trattamento economico complessivo, comprensivo del trattamento economico minimo, degli scatti di anzianità, delle mensilità aggiuntive e delle indennità contrattuali fisse e continuative dovute in relazione all’ordinario svolgimento dell’attività lavorativa, non inferiore, ferme restando le pattuizioni di miglior favore, a quello previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) in vigore per il settore in cui il datore di lavoro opera e svolge effettivamente la sua attività, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale.”
Nello specifico, si vuole portare il salario minimo orario previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) a 9 euro lordi.
Nel caso in cui, invece, siano presenti più CCNL applicabili, allora l’art. 3 della proposta di legge prevede che la retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato debba essere di importo pari o superiore a quella che viene stabilita dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro che viene stipulato da parte delle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori che sono maggiormente rappresentative in Italia nel rispettivo settore.
Ad ogni modo, il salario minimo disposto dal CCNL non potrà essere comunque di importo inferiore a 9 euro lordi per ogni ora in cui si presta l’attività lavorativa.
Qualora, invece, non siano presenti dei CCNL stipulati da parte delle associazioni più rappresentative a livello nazionale di datori e di prestatori di lavoro, allora la proposta prevede che:
“La retribuzione di cui al comma 1 non può essere complessivamente inferiore a quella stabilita dal CCNL che disciplina, nel medesimo settore, mansioni equiparabili.”
Se, poi, non sono presenti nemmeno dei CCNL per quanto riguarda uno specifico settore di riferimento, allora si prevede che:
“La retribuzione di cui al comma 1 non può essere complessivamente inferiore a quella stabilita dal CCNL per il settore maggiormente affine a quello di riferimento e che disciplina mansioni equiparabili a quelle svolte nel settore privo di contratti collettivi nazionali specifici.”
Pro e contro
In seguito al mancato accordo tra le forze di maggioranza e quelle di opposizione in merito all’introduzione di un salario minimo a 9 euro, è stata fatta partire una petizione per dare il proprio sostegno e permettere l’istituzione di questa nuova misura che ha raccolto oltre 100.000 firme solamente nelle prime ore.
Ma quali sono i pro e i contro del salario minimo?
I due principali vantaggi di questa misura sono sicuramente:
- il miglioramento delle condizioni economiche dei lavoratori che si trovano in una condizione di povertà e che ricevono delle paghe più basse rispetto alla soglia minima;
- l’appianamento delle disuguaglianze tra i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi.
La paura che porta a frenare la sua introduzione, invece, è quella relativa all’incentivo di instaurare rapporti di lavoro in nero.