La politica va in vacanza, o quasi. Il Parlamento è in pausa e anche se il consueto botta e risposta non cessa di esistere, si è spostato dalle stanze del potere agli stabilimenti balneari o alle kermesse estive. Al rientro dalle ferie però, insieme ai parlamentari torneranno anche le scadenze e i nodi da sciogliere. L’elenco è lungo, a cominciare dal salario minimo e dalla tassazione sulle banche.

Il “fronte” interno degli extraprofitti

Sul salario minimo Meloni ha preso tempo, almeno 60 giorni e il coinvolgimento del CNEL – anche se le opposizioni hanno avviato la raccolta firme per la proposta di legge- sugli extraprofitti invece la premier dovrà vedersela con gli alleati. Se le opposizioni hanno accolto con favore la misura introdotta nel decreto asset, con qualche eccezione, i malumori arrivano invece dall’interno dell’Esecutivo. Forza Italia e Noi moderati non hanno ben digerito la norma. Il primo ad aprire la questione è stato il Capogruppo azzurro Barelli, poi è intervenuto il vicepremier, Antonio Tajani.

Extraprofitti, Tajani: “La norma non era stata concordata”

“Bisogna fare in modo che questa scelta non spaventi le banche e gli investitori internazionali” ha detto il Ministro degli Esteri, che ha poi aggiunto: “In Parlamento vigileremo per fare in modo che il testo sia equilibrato”. Oggi è poi arrivato l’affondo sul Foglio:

“Mi auguro onestamente che in Consiglio dei ministri una cosa come quella avvenuta con la norma sugli extraprofitti delle banche non accada più”, avverte Tajani, “le cose potevano essere fatte meglio, la norma non era stata concordata, invece doveva esserci una discussione prima e non un dibattito successivo all’approvazione e inoltre il pacchetto andava annunciato a mercati chiusi”.

Un avvertimento evidentemente rivolto agli alleati di Governo, che però tirano dritto. Anche perché quella sugli extraprofitti bancari doveva essere una misura jolly, fatta per reperire miliardi utili alla prossima legge di bilancio, una delle scadenze più importanti da ottemperare al rientro dalle ferie. Alla fine però, tra correttivi e revisioni, potrebbe fruttare “solo” un miliardo e mezzo di euro. Calcolatrice alla mano, ne servirebbero invece 28, almeno per confermare gli impegni già presi, spesso inderogabili. Tra impegni internazionali, cuneo fiscale, previdenza e sanità, nelle tasche al Governo rischia infatti di rimanere ben poco, lasciando il percorso verso la manovra di bilancio decisamente in salita.