Grossi problemi economici in vista per il gruppo Wagner: quello che un tempo era uno dei bracci più forte e meglio spesati delle forze armate della Russia rischia di trovarsi completamente privato di finanziamenti. Dopo la fallita rivolta di giugno, gran parte dell’impero economico del suo fondatore, Evgenij Evgenij Prigozhin, è stato requisito o riassorbito dallo Stato russo. Trasferiti in Bielorussia, si aspettavano probabilmente di venire sovvenzionati con le finanze pubbliche, ma hanno ottenuto un netto rifiuto da parte del presidente Lukashenko. Ora, secondo fonti di intelligence britanniche, anche lo sponsor principale – la Russia di Putin – rifiuterebbe di sponsorizzare i suoi inaffidabili mercenari. Che prospettive rimangono per il “cuoco di Putin”?

La fine della Wagner: come il crollo dei finanziamenti della Russia rischia di rovinare l’impero Evgenij Prigozhin

Prima della rivolta di giugno, Prigozhin era uno degli uomini più ricchi e potenti della Russia. L’oligarca aveva infatti diversificato un enorme portfolio di attività: una catena di ristoranti (non a caso lui è “il cuoco di Putin”), scuole per la guerra d’informazione e ibrida (le famose troll farms che hanno portato avanti le strategie mediatiche e propagandistiche del Cremlino sul web occidentale per anni), ed enormi proventi degli affari del gruppo Wagner in Africa. Attraverso questi ultimi, Prigozhin era riuscito ad accaparrare materie prime (diamanti, petrolio, oro) a volontà e costituire dunque una notevole fortuna.

Tuttavia, Prigozhin non avrebbe potuto certamente sostenere da solo un esercito senza gli enormi finanziamenti dello Stato Russo, che si occupava dunque di pagare gli alti stipendi dei membri: una strategia conveniente perché evita vai costi sociali dei soldati regolari caduti come gli indennizzi alle famiglie. Ma anche artiglieria pesante, munizioni, abiti e razioni. In seguito agli insuccessi dell’esercito russo nel primo anno di guerra, il gruppo Wagner (tra le poche formazioni a mantenere una certa capacità offensiva) si ampliò enormemente fino ai 40.000 effettivi, includendo anche i volontari dalle carceri.

Dopo il fallimentare colpo di stato di giugno, alla Wagner rimanevano comunque almeno 20.000 soldati. L’accordo di mediazione con Lukashenko prevedeva che i wagneriti, ritiratisi dall’Ucraina, avrebbero addestrato l’esercito bielorusso. Prigozhin si aspettava, tuttavia, che la Bielorussia avrebbe pagato di tasca propria l’organizzazione. Invece, secondo l’Institute for the Study of War (ISW), il presidente bielorusso avrebbe negato tale impegno. Secondo molti, ciò avrebbe significato che i wagneriti sarebbero tornati in Russia, lasciando in Bielorussia solo il personale necessario all’addestramento dell’esercito.

Tuttavia, se anche la Russia negherà i finanziamenti, Prigozhin si potrebbe trovare ad essere un signore della guerra senza terra. Sembrerebbe che i Wagner siano già stati costretti a tagliare gli stipendi. L’alternativa potrebbe essere quella da lui prospettata in passato: andare in Africa, dove i Wagner hanno già agenti, forze armate e alleati, e diventare lì un mercenario a tutti gli effetti, supportando i vari regimi filorussi. L’influenza di Wagner in Africa è una delle ragioni, secondo gli analisti, per cui Putin avrebbe deciso di non sbarazzarsi del suo irrequieto servitore.

Durante il sanguinoso assedio di Bakhmut, Prigozhin ha più volte annunciato il suo desiderio di andare in Africa a “riempire i salvadanai della Wagner“, ed è possibile che questo sarà il destino della sua organizzazione. Ma non è detto che senza il supporto finanziario, logistico e di intelligence della Federazione Russa un tale progetto sia possibile.