CIGS in deroga: con la pubblicazione del messaggio n. 2948 dell’11 agosto 2023 l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito le istruzioni per quanto riguarda la corretta gestione e contabilizzazione del trattamento straordinario di integrazione salariale.

Il suddetto messaggio INPS, in particolare, che è stato redatto dalla Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali, dalla Direzione Centrale Entrate, dalla Direzione Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione, e dalla Direzione Centrale Bilanci, Contabilità e Servizi Fiscali, fa riferimento alle disposizioni che sono contenute all’interno dell’art. 42 del decreto legge n. 75 del 22 giugno 2023.

CIGS in deroga fino al 31 dicembre 2023: a chi spetta, durata, caratteristiche, regole e importi

Le previsioni normative alle quali abbiamo fatto cenno durante il corso del precedente paragrafo hanno introdotto un ulteriore periodo di trattamento straordinario di integrazione salariale, con l’obiettivo di:

  • salvaguardare i livelli occupazionali delle aziende che sono coinvolte dal provvedimento in questione;
  • garantire una forma di tutela del reddito per quanto riguarda i lavoratori interessati.

Per quanto riguarda i soggetti che sono destinatari della CIGS in deroga, l’art. 42 del decreto legge n. 75 del 2023 fa riferimento alle imprese che sono valutate come di intesse strategico a livello nazionale, in base alle disposizioni che sono contenute all’interno dell’art. 1 del decreto legge n. 207 del 3 dicembre 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 231 del 24 dicembre 2012.

Il trattamento straordinario di integrazione salariale, nello specifico, si rivolge alle imprese sopra citate, esclusivamente nel caso in cui siano in possesso dei seguenti requisiti:

Come anche per le altre tipologie di beneficio similari, anche la CIGS in deroga potrà avere una durata massima pari a 40 settimane, le quali potranno essere utilizzato entro il termine ultime del 31 dicembre 2023.

In base a quanto viene disciplinato all’interno dell’art. 6 del decreto legislativo n. 148 del 2015:

“I suddetti periodi sono coperti da contribuzione figurativa, utile ai fini del diritto e della misura della pensione, determinata sulla base della retribuzione globale che sarebbe spettata ai lavoratori per le giornate di lavoro non prestate, comprensiva dei ratei relativi alle competenze ultra-mensili.” 

Per quanto riguarda le risorse finanziarie, invece, i commi 3 e 4 dell’art. 42 del decreto legge in oggetto prevedono che il trattamento di integrazione salariale straordinario abbia a disposizione un importo massimo complessivo pari a 46,1 milioni di euro di spesa per l’anno 2023.

Dopo aver presentato la richiesta sarà l’INPS ad effettuare i controlli di monitoraggio previsti sui flussi di spesa ed, eventualmente, ad autorizzazione il pagamento del beneficio.

Il calcolo del contributo addizionale dovuto dai datori di lavoro

In base a quanto viene disposto dal suddetto articolo legislativo, inoltre, i datori di lavoro ai quali vengono concesse le CIGS in deroga avranno l’obbligo di versare il contributo addizionale previsto dall’art. 5 del decreto legislativo n. 148 del 2015.

Per quanto riguarda il calcolo di questo contributo, l’INPS specifica che:

“La suddetta contribuzione deve essere calcolata sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate (c.d. “retribuzione persa”, base di calcolo dell’importo dell’integrazione salariale e, al contempo, della misura del contributo addizionale, maggiorata dei ratei di mensilità aggiuntive, a prescindere da ogni pattuizione negoziale che possa riguardare il trattamento retributivo dei lavoratori interessati da provvedimenti di integrazione salariale) e che la misura dell’aliquota varia in funzione dell’intensità di utilizzo delle integrazioni salariali nell’ambito del quinquennio mobile.”

In sostanza, dunque, i contributi aggiuntivi dovuti dai datori di lavoro sono calcolati in base alle seguenti aliquote:

  • il 9% per i periodi pari ad un massimo di 52 settimane in un quinquennio mobile;
  • il 12% per i periodi compresi tra 52 settimane e 104 settimane in un quinquennio mobile;
  • il 15% per i periodi superiori a 104 settimane in un quinquennio mobile.