Se ne è andata da sola, in carcere, senza che nessuno sapesse nulla di quello che stava succedendo. Una detenuta nigeriana è morta dopo aver intrapreso uno sciopero della fame che è però risultato fatale. È morta da invisibile, come spesso sono molti dei detenuti. Nessuno ne era a conoscenza, della sua iniziativa, neppure la garante comunale.

Carcere di Torino, detenuta morta per sciopero della fame: la reazione di Antigone

La morte piomba come un falco sulla preda e riporta in auge – ancora di più – tutte le falle che ha il sistema carcerario italiano. Sovraffollamento, prigioni inadeguate, poco personale. La donna morta era una nigeriana di 43 anni con fine pena fissato per il 2030. Tutta la vicenda si muove all’interno di un fumogeno crespo e densissimo. Sicuramente verranno fatte indagini per capire come sia potuta morire e quali sono state le cause che hanno portato al decesso della 43enne.

L’associazione Antigone, che si occupa delle condizioni dei detenuti, spiega che la situazione non sembrava così drastica, in base a quanto erano a conoscenza. “Sapevamo che apparentemente non era così critica, invece evidentemente lo era”, spiega Michele Miravalle, coordinatore nazionale delle carceri di Antigone.

La scelta di fare uno sciopero della fame o della seta è una scelta personale e il non intervenire è comunque “giuridicamente corretto”, dice Miravalle. “È un esercizio di protesta di un soggetto“. Non si sta discutendo se sia stato giusto lasciarla morire o sbagliato non intervenire. Ma si apre un ragionamento sul perché è successo.

“Il punto – prosegue il coordinatore – è che probabilmente, non tutte le risorse sono sono state attivate. È sconcertante che la garante comunale dichiari che non ne sapesse nulla di questa situazione. È vero che agosto in carcere è difficile perché si blocca tutto, però questa morta è una morta inaccettabile, per le modalità in cui è avvenuta. Qualcosa in più sicuramente poteva essere fatto”. E questo non è il primo caso di ‘suicidio’ che avviene fra le mura del carcere di Torino, come ricorda anche Miravalle. “È sintomatico constatare che siamo già al secondo suicidio nel giro di qualche mese”. E questo “vuol dire che quando avvengono questi fatti nel giro di poco tempo c’è sicuramente una situazione difficile in quel luogo”.

L’episodio probabilmente è stato preso sotto gambe e c’è quindi stata “una sottovalutazione della situazione. Il punto è capire se sia stato fatto tutto il possibile”, dice ancora.

Il sovraffollamento nelle carceri italiane

Le carceri italiane traboccano di detenuti. Poco è stato fatto per risolvere il problema e negli ultimi mesi – da nord a sud – ci sono stati episodi di suicidi o rivolte contro il personale carcerario. Una delle ragioni può essere l’eccessivo numero di persone che affollano le prigioni. Secondo gli ultimi dati di Antigone ci sono 10mila unità in più rispetto al numero che le carceri possono ospitare.

“Il sovraffollamento è un sovraffollamento ormai endemico del sistema italiano, di cui anche le tragedie di Torino sono una diretta conseguenza. È chiaro che in un luogo sovraffollato, al di là dello stare peggio, il rischio è che le poche risorse che ci sono vengano distribuite su più persone”. E difatti il 2022 è stato l’anno con più suicidi. E il 2023 sembra non essere da meno. L’anno scorso i detenuti che si sono uccisi sono stati 85. Quest’anno siamo già a quota 42.

La reazione del garante Monica Gallo

Né la direzione, né la garante dei detenuti di Torino erano a conoscenza delle difficoltà e dello sciopero della fame della detenuta. Monica Gallo ha detto all’Agi che:

“Ho parlato stamattina con la direzione e mi è stato detto che non era conoscenza della situazione e anche io non ne sapevo nulla. Nessuna delle altre detenute mi aveva segnalato la sua situazione, come di solito accade. Era un”invisibile'”.

Frasi che sostengono quanto detto dall’associazione Antigone. Ora bisognerà scavare più a fondo per capire dove sia stato il cortocircuito.