La storia di tradimento tra il banchiere di Torino, Massimo Segre, e l’imprenditrice, Cristina Seymandi, fa parlare la rete. Non poteva essere diversamente, vista la platealità con cui Segre ha voluto risolvere il problema, difficile da accettare. Sarebbe stato così per tutti, probabilmente, ma la decisione di voler affrontare la questione in pubblico è premeditata, e di cattivo gusto. Questa l’opinione di Selvaggia Lucarelli che si è espressa sulla vicenda attraverso i suoi profili social.
Massimo Segre e Cristina Seymandi, l’opinione di Selvaggia Lucarelli
Come sottolineano diversi utenti che hanno commentato il video sui social, Segre è stato coraggioso nel voler uscire allo scoperto, probabilmente preparandosi da tempo sul modo di affrontare la questione, ma ha dimenticato che ogni azione ha delle conseguenze e in questo caso ce ne saranno sul vissuto dei due. Conosciamo, orami, i loro nomi, le loro storie, i loro volti, non solo il tradimento non è più un segreto, ma è diventato di dominio nazionale. Ciò comporta che negli anni saranno ricordati per l’increscioso episodio.
Selvaggia Lucarelli ha commentato così la vicenda sul suo profilo Facebook:
Sono in Colombia e ho visto solo ieri sera questo video. Non ci potevo credere. Le t-shirt con il ritratto di Pablo Escobar nelle bancarelle a un tratto mi sono sembrate meno assurde. Non potevo credere neanche ai commenti che leggevo, anche di alcune persone amiche, che “bravo” “campione” “grande”. Io non so in che mondo viviate voi, ma temo che ormai l’idea che tutto vada esibito in pubblico, dalle proposte di matrimonio alle ecografie dei figli alle vendette sentimentali vi abbia preso un po’ la mano.
Questo boomer passivo aggressivo si è scritto il suo fogliettino giorni prima continuando a organizzare la festa di annuncio nozze con la freddezza del serial killer. Non poteva lasciarla come si fa in un mondo civile in cui i problemi personali, anche i più drammatici, si risolvono in privato. No, doveva prendersi la scena.
Doveva umiliarla davanti a tutti perché lui è stato umiliato e merita un risarcimento pubblico. Un risarcimento che si nutre della distruzione della reputazione di lei con tanto di frasette che trasudavano finta benevolenza da “ti auguro felicità col tuo avvocato a “la tua meravigliosa figlia”, figlia così meravigliosa da meritare questa valanga di merda di riflesso, immagino. E poi l’ultima concessione paternalistica, che arriva dopo il pestaggio virtuale in pubblico, e cioè: se vuoi poi vedrò come farti lavorare ancora con me. Della serie: io maschio potrei anche concederti questo, dall’alto della mia posizione e della mia benevolenza. A voi che applaudite al maschio in camicia bianca col microfono, ricordo una cosa: questa roba è violenza. Lo è nella maniera più subdola perchè mascherata da slancio d’orgoglio dell’uomo ferito. Questo però è tutto tranne un uomo ferito. Non agisce da uomo ferito.
È un narciso pieno di sè che ha pianificato una vendetta con lucidità e umilia lei per riparare non un dolore ma una ferita narcisistica. E infatti la riparazione avviene in pubblico, perché di quello ha bisogno: non di raccontare la sua sofferenza, ma di vincere. Uccidendo lei. Se fosse stato dolore, sarebbe bastata una stanza di casa. Voi applaudite pure, ma a me quell’uomo con la calma feroce del rettile fa più paura delle corna.