Nella notte è andato in scena il derby tutto italiano al secondo turno dell’ATP di Toronto tra Jannik Sinner e Matteo Berrettini. L’altoatesino ha avuto la meglio sul tennista classe 1996, regolandolo in due set con il punteggio di 6-4, 6-3 in quasi un’ora e mezzo di gioco. Partita che in realtà non si è rivelata facile per Sinner – peraltro testa numero 7 del torneo – che ha dovuto faticare più del dovuto nel primo parziale. Detto questo, Jannik ha messo in scena il suo solito gioco di livello, comandando a piacimento l’avversario e chiudendo senza troppi problemi nel secondo set.
Ora, il classe 2001 affronterà agli ottavi di finale Andy Murray. Il britannico, lo ricordiamo, ha battuto nel primo turno Lorenzo Sonego in due set per 7-6, 6-0, quindi ha regolato Purcell nel secondo con il risultato did 7-6, 3-6, 7-5. Sarà un match ostico per Jannik che avrà di fronte un (ex) mostro sacro del tennis, particolarmente in palla in questa stagione.
ATP Toronto, la cronaca del match tra Sinner-Berrettini
Tornando sulla cronaca del match, dobbiamo dire che Matteo Berrettini ha messo in scena un tennis di ottimo livello nel primo set. Il romano è andato più volte vicino a comandare la partita, sprecando però ben 7 palle break (0/7 il computo totale nel match per lui, ndr). Ovviamente, Jannik – una volta ripresosi dalla tensione dei primi game – ha alzato il ritmo, sfruttando anche un doppio fallo del romano sul 5-4, guadagnandosi due palle break e andando a chiudere il primo set con il punteggio di 6-4.
Dopo un’ora di gioco, la contesa tra i due sfidanti si è risolta più rapidamente: Jannik ha continuato a mantenere il pallino del gioco, sfruttando immediatamente la prima palla break del secondo set, salendo sul 2-0 che ha sostanzialmente tagliato psicologicamente le gambe a The Hammer. Inevitabile che il secondo parziale sia terminato in nemmeno 30 minuti di gioco (29 per l’esattezza, ndr), con Sinner che ha chiuso con il 6-3 finale. Nel momento dei saluti, l’altoatesino ha salutato Berrettini con un “mi dispiace”. Pronta la risposta di un comunque ritrovato Matteo: “E di che…”
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