Un rapporto di lavoro può risolversi in diversi modi: uno di questi, vantaggioso per alcuni versi, è la risoluzione consensuale. Quando avviene? Si verifica quando le parti, datore di lavoro e lavoratore dipendente, sono concordi nell’interrompere il rapporto di lavoro.
A volte, si fa confusione tra la risoluzione consensuale, il licenziamento e le dimissioni. In particolar modo, dopo aver spiegato la normativa che disciplina la risoluzione consensuale, spiegheremo quali sono le differenze con le dimissioni volontarie. Infine, andremo a spiegare quali sono i vantaggi.
Risoluzione consensuale del rapporto di lavoro: ecco cos’è e come funziona
La risoluzione consensuale si verifica quando entrambe le parti sono concordi nell’interrompere il rapporto di lavoro. In sostanza, entrambi concordano sulla necessità di interrompere il rapporto lavorativo, per motivi che fanno comodo si all’una che all’altra parte.
Quando l’azienda e il lavoratore riconoscono che è venuta meno la reciproca convenienza nella prosecuzione del rapporto lavorativo, utilizzando questa formula, immediatamente efficace.
La procedura, per essere efficace, però, richiede una serie di passaggi. Si deve firmare un accordo, nel quale entrambe le parti accettano l’interruzione del contratto. L’intesa viene siglata con l’assistenza di un sindacalista oppure di un rappresentante dei lavoratori. Il lavoratore dipendente deve ricevere obbligatoriamente la comunicazione dell’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro.
L’accordo firmato deve essere trasmesso alla Direzione territoriale del lavoro oppure al Centro Servizi per il lavoro della Provincia competente.
Le risoluzioni consensuali devono essere formalizzate attraverso un modulo telematico, attraverso la piattaforma del Ministero del Lavoro. La procedura telematica non è prevista per:
- I rapporti di lavoro domestico;
- I rapporti di lavoro marittimo;
- Le interruzioni del rapporto nel corso del periodo di prova;
- Lavoro nella PA;
- Risoluzioni avvenute nelle sedi “protette”;
- Risoluzioni rassegnate dai genitori lavoratori.
In tutti i casi in cui avviene una risoluzione consensuale, il datore di lavoro deve comunicare l’interruzione del contratto attraverso l’invio al Centro per l’impiego del modello UNILAV, entro e non oltre cinque giorni dalla cessazione.
Differenze con le dimissioni volontarie
Spesso e volentieri, la risoluzione consensuale viene confusa con le dimissioni volontarie. Quando si parla di dimissioni volontarie? Si tratta di tutte le volte in cui un lavoratore dipendente interrompe autonomamente il contratto di lavoro; quando, insomma, manifesta la propria volontà di non proseguire il rapporto di lavoro con l’azienda.
Una delle differenze tra la risoluzione consensuale e le dimissioni consiste appunto nella decisione. Nel primo caso, è il lavoratore dipendente a decidere autonomamente di interrompere il rapporto di lavoro. Nel secondo caso, la risoluzione del contratto viene presa di pari accordo da entrambe le parti.
La seconda differenza riguarda la procedura da seguire. Nel caso delle dimissioni, il lavoratore dovrà comunicare al datore di lavoro le sue intenzioni di interrompere il rapporto di lavoro, rispettando il termine di preavviso regolato dal CCNL di riferimento.
Risoluzione consensuale: spetta la Naspi?
Tra i vantaggi della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, solo in alcuni casi, c’è comunque il diritto a ricevere la Naspi.
In quali casi può essere richiesta la Naspi?
- Nell’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo che passa necessariamente per il procedimento di conciliazione presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro;
- In caso di licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione proposta dal datore di lavoro entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento;
- A seguito di rifiuto del lavoratore al trasferimento in un’altra sede, distante più di 50 Km dalla propria residenza o raggiungibile in oltre 80 minuti con l’utilizzo di mezzi pubblici.
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