Davanti al gip che ne ha disposto il fermo, il senzatetto 37enne di origini nigeriane accusato dell’omicidio di Iris Setti a Rovereto si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere. Dal carcere, poi, avrebbe fatto sapere – attraverso il suo avvocato – di non essersi reso conto di ciò che stava facendo, definendosi “incredulo” per la morte della donna. Nelle scorse ore le sorelle avevano parlato dei suoi presunti problemi psicologici, sostenendo di aver chiesto più volte alle autorità competenti di fermarlo e ricoverarlo: si aspettavano che, prima o poi, avrebbe fatto del male a qualcuno.

Omicidio di Iris Setti a Rovereto, le parole del killer dal carcere

Nweke Chukwka si trova dietro le sbarre con l’accusa di omicidio volontario e rapina. Era finito in manette, nella tarda serata di sabato scorso, 6 agosto, per aver aggredito a morte, colpendola con calci e pugni al viso, Iris Setti. Voleva rapinarla e non, come era emerso in un primo momento, violentarla: per questo, nel corso del pestaggio, le avrebbe sfilato l’anello dal dito, prima di allontanarsi.

Era una bestia,

hanno raccontato alcuni dei residenti delle case vicino al parco, coloro che, negli attimi successivi all’aggressione, avrebbero chiamato le forze dell’ordine, chiedendo loro di intervenire, dopo aver sentito la 61enne urlare e averla vista dimenarsi sotto il peso dell’uomo, che l’aveva immobilizzata a terra. Al loro arrivo, gli agenti, per fermarlo, avrebbero dovuto sedarlo, usando addirittura il taser.

Non mi sono reso conto di quello che ho fatto, ho un ricordo molto vago di quello che è successo,

avrebbe poi riferito al suo avvocato di fiducia, dicendosi “incredulo” per la morte della donna. Stando a quanto ha riportato il legale,

era ancora in stato confusionale, anche per la sedazione,

quando ci ha parlato (davanti al gip, invece, si è avvalso della facoltà di non rispondere).

La ricostruzione del movente

Per fare luce sulle cause del decesso della vittima bisognerà attendere l‘esito dell’esame autoptico, effettuato ieri mattina presso l’ospedale Santa Chiara di Trento, dove la donna era stata ricoverata a causa delle gravi ferite riportate in seguito al pestaggio e dove poi era morta, nonostante il tentativo dei medici di salvarla. Non è chiaro perché il 37enne si sia scagliato proprio contro di lei.

Forse si sarebbe trovata solo nel posto sbagliato al momento sbagliato. Poco prima, infatti, l’uomo aveva litigato con alcuni conoscenti: preso dall’ira, mentre vagava per il parco (lei si stava recando dalla madre anziana, per accudirla), l’avrebbe presa di mira. Secondo il legale che lo difende, si trovava in uno stato di alterazione psicologica per problemi legati all’abuso di alcol e farmaci.

Era in una condizione di marginalità crescente che sicuramente ha inciso molto e in modo progressivo e esponenziale nel suo stato psichico,

ha dichiarato. Lo riporta il Corriere della Sera, che fa sapere che, appena due anni fa, era stato sfrattato dalla casa in cui viveva insieme alla moglie e ai due figli, dai quali poi si era allontanato, iniziando a vivere per strada. Le sorelle – che più volte, nel corso degli anni, avrebbe aggredito -, avevano chiesto che fosse ricoverato: lo consideravano pericoloso e dopo l’omicidio hanno parlato di una “tragedia annunciata”.

Un anno fa, dopo aver malmenato un ciclista e aver aggredito un militare intervenuto per calmarlo, l’uomo era stato arrestato ed era finito ai domiciliari con l’obbligo di firma. Non è bastato ad evitare che il peggio accadesse, come nel caso di Mara Fait, la donna uccisa a colpi di accetta dal vicino di casa a Noriglio, sempre in provincia di Trento.

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