Un’incredibile scoperta nel cuore del Mar Mediterraneo sta catturando l’attenzione di scienziati e appassionati di geologia di tutto il mondo. Una spedizione scientifica congiunta tra l’Università di Malta e l’Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) di Trieste ha rivelato l’esistenza di tre imponenti vulcani sottomarini nel suggestivo Canale di Sicilia.
Scoperti tre vulcani sottomarini nel Canale di Sicilia: ritrovamento straordinario
Questi vulcani, che misurano almeno sei chilometri di larghezza e si ergono per oltre 150 metri dal fondo del mare, sono stati scoperti nell’area marina tra Mazara del Vallo e Sciacca, in Sicilia. La spedizione scientifica, condotta a bordo della nave tedesca Meteor dal 16 luglio al 5 agosto scorsi, ha gettato luce su un mondo sottomarino fino ad ora poco conosciuto e ha portato alla scoperta di fenomeni di idrotermalismo fino ad ora non ben compresi.
La sorpresa non si ferma qui: oltre ai vulcani, è stato individuato il relitto di una nave lunga 100 metri e larga 17 metri, adagiata a 110 metri di profondità sul Banco Senza Nome, a metà strada tra l’isola vulcanica di Linosa e la Sicilia. Questa incredibile scoperta ha suscitato grande interesse e ammirazione, spingendo gli scienziati a segnalare immediatamente la sua posizione alle autorità marittime italiane.
La spedizione non è stata la prima del suo genere. Già nel 2019, l’Istituto di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale aveva scoperto una serie di altri coni vulcanici nella stessa zona marina tra Mazara del Vallo e Sciacca. Gli studiosi hanno esplorato con cura il fondale marino in diverse aree del Canale di Sicilia, fino ad allora largamente inesplorate, con l’obiettivo di ricostruire la complessa morfologia sottomarina.
Durante questa spedizione, i ricercatori hanno raccolto campioni di roccia, tra cui lave e depositi piroclastici, da vari vulcani sottomarini. Questi campioni saranno attentamente analizzati nei prossimi mesi, fornendo preziose indicazioni sull’età dei vulcani e sulle caratteristiche del magma che li alimenta. “Queste informazioni saranno fondamentali per ricostruire la storia geologica di una delle regioni più complesse del Mediterraneo centrale“, ha sottolineato Giulia Matilde Ferrante, ricercatrice della Sezione di Geofisica dell’Ogs.