L’idea di stabilire strutture prefabbricate per migranti in Friuli Venezia Giulia è in pieno sviluppo. Queste strutture, note come hotspot, seguiranno il modello adottato a Pozzallo, in Sicilia, e hanno lo scopo di offrire alloggi temporanei a coloro che arrivano in Italia, soprattutto attraverso la rotta balcanica.

Migranti in Friuli Venezia Giulia: il luogo potenziale deputato a hotspot

Sebbene il luogo esatto non sia stato ancora confermato, la regione Friuli Venezia Giulia è stata citata come possibile sede. Questo ha sollevato molte domande, poiché escluderebbe la città di Trieste, che attualmente ospita centinaia di migranti.

Con la dichiarazione dello stato di emergenza, la costruzione degli hotspot può essere accelerata, con la potenziale realizzazione in soli 20 giorni. Dopo un soggiorno di una settimana, i migranti potrebbero essere trasferiti in altre regioni italiane.

Una voce suggerisce che la ex caserma Lago di Jalmicco, vicino a Palmanova, potrebbe essere il luogo scelto, ma questo non è stato ancora confermato. Questa ipotetica scelta ha suscitato preoccupazioni tra i residenti e ha generato dibattiti tra i leader politici locali.

Jalmicco potrebbe quindi diventare la sede dell’hub regionale per i migranti. L’ex caserma “Vinicio Lago” è stata suggerita come la possibile struttura per ospitare questi migranti. Quello che un tempo è stato un battaglione militare, potrebbe ora diventare un punto di accoglienza per coloro che attraversano la rotta balcanica.

Nuovo hotspot per migranti in Friuli Venezia Giulia: l’iter

La creazione dell’hotspot richiederà una riqualificazione significativa. Non solo offrirà alloggi temporanei, ma potrebbe anche avere un centro dedicato ai rimpatri rapidi, riducendo così la pressione su altre strutture di accoglienza della regione.

Con più di mille migranti che arrivano in provincia di Udine e altri che si accampano nei pressi della stazione ferroviaria di Trieste, l’importanza di gestire efficacemente l’accoglienza dei migranti è più sentita che mai. L’obiettivo principale dell’hotspot proposto è infatti quello di smistare rapidamente i migranti verso altre regioni.

Le reazioni della politica: le polemiche e le preoccupazioni

La proposta dell’hotspot ha suscitato molte domande tra i leader politici e ha sollevato questioni importanti relative alla location esatta, alla capacità, ai tempi di realizzazione e alle risorse necessarie. La comunità e i politici locali hanno espresso sia il loro sostegno che le loro preoccupazioni.

Mentre la decisione finale sull’hotspot è in mano al Governo, la Regione Friuli Venezia Giulia ha sottolineato la propria disponibilità a collaborare. L’obiettivo condiviso è affrontare la questione dell’immigrazione in modo responsabile, tenendo conto delle esigenze della comunità.

Il Prefetto di Trieste Pietro Signoriello, ha dichiarato all’ANSA:

Non pensiamo a centri di grandissime dimensioni che poi diventino ingovernabili. Pensiamo invece a una struttura polmone per i primi adempimenti. Ciò significa equiparare parzialmente il Friuli Venezia Giulia ai luoghi di sbarco.

Allo stesso tempo l’ICS (Consorzio Italiano di Solidarietà) di Trieste ha puntato il dito contro lo stesso Signoriello, definendo le sue affermazioni “irricevibili da parte di chi avrebbe il compito di far rispettare la legalità tramite la subitanea collocazione di chi richiede asilo”.

Intanto la Lega, tramite il suo capogruppo in Consiglio Regionale, Antonio Calligaris, ha espresso il proprio parere favorevole all’hotspot in Friuli, definendo l’accoglienza diffusa una esperienza fallimentare. Sempre nella stessa coalizione, il coordinatore regionale di Fratelli d’Italia, Walter Rizzetto, ha richiesto un’analisi accurata del luogo dove realizzare l’hotspot.

Polemico il sindaco di Ruda, Franco Lenarduzzi, che ha affermato:

La vicenda dell’hotspot di Jalmicco insegna che i cittadini possono contare e che gli Enti locali vanno rispettati. Inoltre, evidenza che su tutto le schermaglie di potere tra Lega e Fratelli d’Italia pesano più dell’interesse della comunità.

L’assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti ha voluto tranquillizzare tutti, affermando che l’hotspot è una struttura “assolutamente necessaria” e che il fine è quello dello smistamento (o rimpatrio) rapido. La deputata PD Debora Serracchiani ha però chiesto chiarezza sulle modalità e le tempistiche di realizzazione della struttura, rivolgendosi direttamente al ministro dell’Interno Piantedosi:

Gli chiediamo di descrivere nel dettaglio e con la massima precisione la località nella quale dovrebbe sorgere la struttura, le tempistiche previste per il suo completamento e l’entrata a regime operativo, il numero massimo di persone che possono essere ospitate e le misure transitorie per la gestione dei flussi dei migranti in arrivo, nonché il contingente del nuovo personale delle forze dell’ordine che sarà assegnato alla struttura e la quantità di personale amministrativo che si occuperà del disbrigo delle pratiche.

A Palmanova, invece, i no si sprecano e arrivano direttamente dall’ex primo cittadino Francesco Martines e dall’attuale sindaco Giuseppe Tellini. Se il primo punta il dito sulla seconda mortificazione della città dopo il depotenziamento dell’ospedale, il secondo richiede un progetto serio e chiaro.