Il pugile Mohammad Javad Vafaei Sani condannato a morte in Iran dopo aver preso parti nel 2019 e 2020 a delle manifestazioni contro il governo
Iran, emassa condanna a morte per il pugile Mohammad Javad Vafaei Sani
Mohammad Javad Vafaei Sani é un pugile iraniano di ventisette anni arrestato nel 2020 dopo aver partecipato alle manifestazioni contro il governo. A fine 2019 si espresse contro l’aumento dei prezzi e poco dopo, nel gennaio dell’anno successivo, scese in piazza per esprimere il suo dissenso, dopo che le forze militari iraniane avevano abbattuto un areo di linea ucraino. A seguito dell’arresto, 9 gennaio 2022 arriva la prima sentenza di condanna a morte, per aver fomentato la distruzione di edifici del governo e di essere in contatto con “l’Organizzazione dei mojahedin del popolo”. Poi una svolta, uno spiraglio chiuso quasi subito. La sentenza di morte viene annullato e il processo devi rifersi. Ma una volta chiuso il nuovo procedimento giuridico il verdetto è stato il medesimo: condanna a morte. Per impiccagione.
Il ricorso del legale di Mohammad Javad Vafaei Sani
Lo sviluppo di questa vicenda ci arriva da Babak Paknia avvocato dello sportivo, il quale ha subito annunciato che farà ricorso. Il legale conferma che il tribunale della Rivoluzione di Mashhad ha emanato la condanna. Tra i reati ‘incitamento alla distruzione e distruzione di determinati siti, tra i quali edifici statali.
La vicenda del wrestler iraniano Navid Afkari
In questa anni, Amnesty International si è occupata anche del caso del wrestler iraniano Navid Afkari. RIportiamo dal sito ufficiale, il testo della campagna:
La mattina del 12 settembre, senza preavviso e senza che venissero informati l’avvocato e i familiari, il ventisettenne campione di wrestling iraniano Navid Afkari è stato messo a morte in quella che Amnesty International ha definito “una parodia della giustizia”, fatta di “confessioni” estorte con la tortura e usate in tribunale per emettere un verdetto di colpevolezza. Navid Afkari era stato arrestato il 17 settembre 2018 per l’omicidio di un agente dell’intelligence iraniana, ucciso un mese e mezzo prima a Shiraz. Un tribunale rivoluzionario lo aveva doppiamente condannato a morte per i reati di qesas (reato di sangue che merita vendetta) e di moharebeh (atti ostili contro Dio). Per lo stesso omicidio e per reati contro la sicurezza nazionale riferiti alle proteste nazionali di gennaio e agosto 2018, i fratelli Vahid e Habib Askari sono stati condannati rispettivamente a 56 anni e sei mesi e a 24 anni e tre mesi, con la pena aggiuntiva per entrambi di 74 frustate. Nelle ultime settimane il ricorso di Afkari contro la condanna alla pena capitale era stato respinto in modo sommario dalla Corte suprema. Il 5 settembre, in uno dei consueti video di propaganda, la tv di stato aveva mandato in onda la “confessione” di Navid Afkari. Prima dell’esecuzione, dalla prigione dalla quale era stato prelevato è trapelato un audio nel quale Afkari dice: “Se mi metteranno a morte, voglio che sappiate che una persona innocente, nonostante abbia lottato con tutta la sua forza per dimostrarlo, è stata uccisa”.