L’edicolante, il fruttivendolo, il vicino di casa sanno che cosa succede nella piccola città e sono i primi controllori del giornalista del quotidiano locale. E non ci sarà algoritmo che possa confutare quello che vedono l’edicolante, il fruttivendolo, il vicino di casa. Altro discorso è per chi racconta fatti che avvengono lontano dal lettore. In sostanza fare il giornalista locale è più difficile che fare il giornalista universale. C’è anche questa riflessione nel libro “E’ l’algoritmo, bellezza” scritto da Daniele Magrini per Effigi.
E’ un esame spietato del mondo cambiato dall’algoritmo, appunto, che ha trasformato i rapporti tra le persone, il modo di vivere la politica, la socialità e anche la professione giornalistica. Eppure l’innovazione tecnologica è una grande scoperta, migliora le condizioni di vita, ma l’uomo non è riuscito a governare i cambiamenti.
Per guidare un’auto serve la patente, per stare sui social ci vorrebbe la carta d’identità
“Essere in contatto sempre. – scrive Magrini – Abbattendo le distanze fisiche e temporali. Ritrovare vecchi amici, scoprirne di nuovi. Innamorarsi perfino via Facebook o grazie a un tweet. Scambiarsi idee, conoscenza, immagini, video, l’emozione di una scoperta scientifica, una poesia. Rimanere costantemente in comunicazione con il mondo, connessi h24: il dulcis in fundo della comunicazione digitale”. Q
uesto doveva essere ma così non è stato e non è. La deriva non sta nei social ma in chi li usa male per comunicare odio e bufale nascondendosi, spesso, dietro l’anonimato. Se per guidare un’auto ci vuole la patente, per stare sui social ci vorrebbe almeno la carta d’identità.
Stefano Bisi