Leggi molti quotidiani e trovi articoli con commenti simili sulle motivazioni di una sentenza del cosiddetto “Processo Gotha” che per anni ha tenuto banco in Italia e in Calabria per l’esistenza di una cupola massomafiosa che avrebbe governato la città di Reggio e poi, sfogli il Domani e scopri che lo storico inglese esperto di criminalità organizzata John Dickie esprime un’opinione molto diversa. E dalla lettura dell’articolo si capisce che le motivazioni le ha lette tutte, proprio tutte.
E che cosa scrive: “I risultati finora raggiunti ci permettono di trarre delle conclusioni significative sul legame ‘ndrangheta-massoneria, conclusioni che dovrebbero indurre chi prende sul serio la lotta alle mafie a riflettere in modo assai profondo. Detto in poche parole, la lezione di Gotha è che i nostri luoghi comuni sulla massoneria non reggono il confronto con la realtà”.
Dal processo Gotha emerge la stessa realtà di precedenti inchieste
Dickie aggiunge: “Alla fine, i giudici del processo Gotha hanno concluso (almeno in primo grado) che esiste un nuovo direttorio della ‘ndrangheta, una specie di comitato d’affari apicale composto di “soggetti cerniera” tra il mondo della ‘ndrangheta e quello delle istituzioni. Un risultato processuale altamente significativo, dunque. Ma dove è finita la massoneria? La risposta dei giudici, una risposta sulla quale il pm Giuseppe Lombardo non dissente, è deludente per i complottisti della situazione“.
“Per la ‘ndrangheta del processo Gotha, dunque, la massoneria è una metafora che non c’entra niente con massoni in carne, ossa e grembiulino. Soprattutto non c’entra niente con le obbedienze maggiori”. E già in passato altre inchieste giudiziarie sono finite allo stesso modo.
Stefano Bisi