Un importante passo avanti nella gestione dei beni confiscati nel contesto della lotta alla criminalità economica è stato compiuto da Brescia: fino ad oggi, lo Stato era sempre incaricato di sostenere le spese di mantenimento dei beni degli evasori, anche se risultava un onere economico notevole; questo scenario sta per cambiare, grazie a un protocollo innovativo che potrebbe rappresentare una ‘rivoluzione’ nel settore.

Protocollo innovativo a Brescia: “I beni confiscati agli evasori possono essere venduti se non di interesse dello Stato”

Secondo il procuratore generale di Brescia, Guido Rispoli, tra i firmatari dei due protocolli, “se il demanio non ritiene il bene di interesse pubblico potrà venderlo. Questo significa che lo Stato ci guadagnerà due volte: non dovendo pagare le spese e incassando dal compratore.” L’obiettivo è rendere il processo più efficiente ed economicamente vantaggioso.

Il denaro ricavato dalla vendita dei beni confiscati sarà destinato al Fondo Unico Giustizia o al Bilancio dello Stato, secondo quanto indicato dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, garantendo così un utilizzo responsabile delle risorse.

La confisca dei beni è prevista per i reati tributari, le truffe, le frodi ai danni degli enti pubblici, l’usura, il riciclaggio e l’autoriciclaggio, e i reati informatici. In questi casi, è essenziale considerare il bene sequestrato come un’importante risorsa. Se lo Stato individua un’utilità pubblica per quel bene, potrebbe decidere di mantenerlo, ad esempio, trasformandolo in una caserma. In caso contrario, la sua vendita sarà fortemente considerata.

Dopo la sentenza definitiva, il destino del bene confiscato seguirà un iter ben delineato. Entro 30 giorni dalla decisione del giudice, l’Agenzia del demanio verrà consultata per determinare se il bene possa essere mantenuto o venduto. Nel caso di quest’ultima eventualità, l’Agenzia incaricherà dei professionisti o istituti autorizzati per procedere con la cessione.

Un momento cruciale è stato raggiunto con la firma del protocollo da parte di tutti gli enti coinvolti, tra cui il Tribunale, la Corte d’Appello, la Procura e la Procura Generale di Brescia, il Comando Regionale della Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate. Secondo Rispoli, questo esperimento è un “progetto di élite” e si auspica che possa coinvolgere sempre più altre realtà, aprendo la strada a una gestione più efficiente e responsabile dei beni confiscati in tutta Italia.