Prenderà il via il prossimo 16 gennaio il processo a carico di Cristian Mossali, il meccanico di 53 anni finito in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato e distruzione di cadavere per aver ucciso il 40enne di origini kosovare trovato morto carbonizzato nella sua auto l’agosto scorso a Cologne, in provincia di Brescia. Per l’occasione l’uomo sarà difeso dall’avvocato Stefano Forzani e dovrà vedersela con gli otto familiari della vittima costituitisi parte civile: rischia il massimo della pena, l’ergastolo.
Omicidio di Nexhat Rama a Cologne (Brescia): rinviato a giudizio Cristian Mossali. Processo al via a gennaio
La richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Mossali è stata avanzata nelle scorse ore da parte del gup Angela Corvi. Il 53enne, in carcere dall’agosto del 2022, è accusato di omicidio volontario aggravato e distruzione di cadavere e rischia l’ergastolo. Secondo l’accusa, avrebbe ucciso il 40enne di origini kosovare Nexhat Rama per questioni economiche.
Il suo corpo era stato trovato senza vita all’interno del bagagliaio di un suv Range Rover dato alle fiamme nelle campagne di Cologno dai vigili del fuoco intervenuti per spegnere l’incendio. Il riconoscimento, reso impossibile dallo stato di alterazione del cadavere, era stato effettuato attraverso l’esame del Dna. Gli accertamenti sull’auto avevano fatto il resto, puntando al presunto assassino.
Dalle indagini era emerso che il 53enne, titolare di un’officina meccanica del Bresciano, avrebbe dovuto sanare, con la vittima, un debito di almeno 30mila euro. Sarebbero state le continue richieste di denaro da parte del creditore, insieme al fatto che, pochi giorni prima del delitto, Rama avesse deciso di coinvolgere nella faccenda anche il figlio, a spingerlo ad ucciderlo.
Tuo padre non si sta comportando bene,
gli avrebbe detto. Poche parole, bastate a scatenare l’ira del 53enne, che avrebbe poi messo in atto il suo piano: dopo averlo attirato nella sua officina, avrebbe colpito Rama alle spalle con una pistola illegalmente detenuta. Una volta sicuro che fosse morto, ne avrebbe caricato il corpo sulla sua auto, abbandonandola tra i vigneti e dandola alle fiamme, con l’obiettivo, forse, di cancellare ogni traccia del crimine. Poi sarebbe tornato, a piedi, cercando di ripulire tutto.
I gravi indizi di colpevolezza a suo carico
Sul pavimento dell’officina di Mossali, grazie al test del luminol, gli inquirenti avevano trovato tracce ematiche riconducibili alla vittima. Fondamentale, per incastrare il 53enne, era poi stata la testimonianza di un suo dipendente, che aveva raccontato:
Quando entrai in officina (dopo il delitto, ndr) notai subito un odore forte, di acido e ammoniaca.
Nel processo a suo carico in otto, i sei fratelli della vittima e i due genitori, si sono costituiti parte civile.
A che punto sono le indagini sul cadavere trovato carbonizzata a Marano
Mentre le indagini sull’omicidio di Cologne si sono concluse, proseguono, serrate, quelle relative al ritrovamento del corpo di Vincenzo Iannone, il pusher di 47 anni trovato morto carbonizzato all’interno di un’auto a Marano, in provincia di Napoli, qualche giorno fa. Come Rama, anche Iannone sarebbe stato ucciso, prima di essere dato alle fiamme.
Gli inquirenti sospettano che a farlo possa essere stato qualcuno che – come lui – aveva maturato degli interessi in attività illegali, come lo spaccio. I reati contestatigli sono di omicidio volontario aggravato dalle modalità mafiose e distruzione di cadavere.
Sarebbe nato per cause accidentali, invece, il rogo che a Bari ha portato alla morte dell’uomo trovato carbonizzato all’interno della sua auto a Santa Caterina.