Con un voto unanime la Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge sul diritto all’oblio oncologico. Il testo, che ora passa al Senato, concede finalmente agli ex pazienti oncologici il diritto a non fornire informazioni sulla loro malattia pregressa in caso di stipula o rinnovo di contratti per servizi bancari, finanziari e assicurativi. Ma non solo. Con questa legge le persone guarite da un tumore da più di 10 anni – 5 nel caso la malattia sia insorta prima dei 21anni – non saranno tenute a informare circa il loro stato di salute passato neanche nei casi di procedure di adozione o affidamento di minori.

Una volta approvato, dunque, il disegno di legge sull’oblio oncologico migliorerà profondamente la qualità di vita delle persone che hanno affrontato un tumore. Gli ex pazienti oncologici non saranno infatti più tenuti a fornire quelle informazioni che, fino ad oggi, hanno spesso impedito loro l’accesso ad alcuni servizi facilmente garantiti a tutti: basti pensare, ad esempio, alla richiesta di un mutuo o alla stipula di una polizza assicurativa.

Diritto all’oblio oncologico, Di Maio (AIOM): “Legge fondamentale che garantisce agli ex pazienti il diritto a pensare al futuro”

La legge sul diritto oblio oncologico, da anni richiesta dalle associazioni dei pazienti e dei loro familiari, di concerto con la comunità medica, permetterà dunque un significativo miglioramento dei processi di «ritorno alla normalità» per le persone che hanno affrontato un tumore. Con un doppio grande significato.

Sul versante pratico gli ex pazienti non saranno più discriminati nell’accesso a servizi finanziari, bancari e assicurativi, potranno fare richiesta di adozione o affidamento di minori e potranno firmare un contratto di lavoro alle stesse condizioni di tutti i cittadini. Sul lato morale, il diritto a non informare sullo stato di salute pregressa permetterà a chi è guarito da un tumore di non dover essere identificato per tutta la vita con la sua malattia.  

La redazione di TAG24 ha commentato l’esito del voto di oggi con il prof. Massimo Di Maio, segretario generale dell’AIOM – Associazione Italiana Oncologia Medica – che anche grazie al presidente Giordano Beretta, in questi anni si è profondamente spesa, insieme ad altre associazioni, per colmare il vuoto legislativo italiano e promuovere il diritto all’oblio dei pazienti oncologici.

Prof. Di Maio, con il voto di oggi alla Camera si è raggiunto un grandissimo risultato. Siete soddisfatti?

“Il voto di oggi è una bellissima notizia. Fondazione AIOM ha fatto del diritto all’oblio oncologico una battaglia fondamentale. L’anno scorso abbiamo raccolto più di 100mila firme a favore di una legge sul tema. Ci siamo davvero impegnati a diffondere questa iniziativa. Durante il nostro Congresso nazionale abbiamo anche portato la testimonianza anche di qualche ex paziente”.

Quella della Fondazione AIOM è stata una vera e propria battaglia culturale.

“Assolutamente. Noi oncologi ci preoccupiamo di garantire le migliori cure ai pazienti che ne hanno bisogno. Allo stesso tempo sappiamo quanto sia importante garantire il futuro delle persone che ci sforziamo di curare.

In Italia ci sono tantissime persone che hanno affrontato, magari molti anni fa, percorsi anche molto impegnativi di terapie farmacologiche, chirurgiche e radioterapiche. Ecco, queste persone hanno il diritto di guardare alla vita con gli stessi diritti e con le stesse prospettive di una persona che non ha avuto un tumore.

Questa legge interviene su aspetti che ad alcuni possono sembrare secondari, soprattutto se comparati al rischio di morire o di vivere. Ma non è così: molte persone si sono viste negare il diritto di avere un mutuo o una assicurazione. Nelle schede di valutazione del rischio necessarie alla stipula di questi servizi viene richiesto infatti di dichiarare un eventuale tumore pregresso. Gli ex pazienti oncologici venivano, così, etichettati a vita.

In altri Paesi europei – come Francia e Portogallo – anche se con diverse declinazioni, questo problema era stato già affrontato. Con questa legge finalmente anche l’Italia entra nei Paesi virtuosi. Si tratta davvero di una grandissima conquista che garantisce agli ex pazienti di poter guardare al futuro”.

E, soprattutto, di non dover essere identificati a vita con la loro malattia?

“Esatto. Questo tuttavia non significa che gli ex pazienti perderanno i diritti legati alla loro storia di malattia, come ad esempio le esenzioni legate agli esami di controllo. Questa legge non dice che lo Stato non riconoscerà più il dovere di fornire assistenza sanitaria a chi ha avuto una storia di tumore. Semplicemente si afferma che gli ex pazienti oncologici non saranno più penalizzati in maniera indebita.

La legge interviene infatti su chi ha avuto una malattia e, dopo anni dalla guarigione, ha gli stessi rischi che hanno le persone che non hanno avuto il tumore. Tanto è vero che, anche in altri Paesi, esistono delle tabelle che in accompagnamento alla legge definiscono gli anni necessari a considerare il rischio paragonabile a quello di una persona sana.

Questa legge è un riconoscimento a tutte quelle persone – tante, fortunatamente – che sono vive a distanza di anni dalla diagnosi e dal percorso terapeutico. Ebbene, queste persone con questa legge avranno più diritti di quelli che avevano fino a ieri“.

La legge italiana è innovativa perché contempla il diritto all’oblio anche nei casi di adozione o affidamento di minore.

“L’aspetto legato all’adozione è un altro argomento importante. Nei mesi scorsi c’è stata un po’ di confusione sul punto perché, di fatto, non esisteva una normativa esplicita che proibisse l’adozione a chi aveva avuto una storia di tumore, come invece c’è per il discorso del mutuo.

Chiaramente stiamo parlando di un argomento delicato in cui conta anche l’interesse dell’adottato. Tuttavia questa legge, inserendo esplicitamente la possibilità per gli ex pazienti oncologici di adottare, fa un chiaro passo avanti. Si dice, in altre parole, che l’aver avuto una storia tumorale non è di per sé un motivo di esclusione.

Ovviamente non si tratta di un principio da rivendicare in modo indiscriminato per tutti. Un conto è avere una malattia attiva. Un altro essere guariti da più di 10 anni e avere, come dicevo, la stessa aspettativa di vita di chi non ha avuto un tumore”.

La legge interviene anche per i pazienti che hanno una situazione di malattia cronicizzata?

“Nel caso dei tumori il termine cronicizzato significa che la fase acuta è passata e c’è una situazione che da lungo tempo non vede evoluzione nella malattia. Negli ultimi anni, in ambito oncologico, si è utilizzato molto questo termine perché molte terapie hanno l’obiettivo di cronicizzare la malattia e non di eliminarla. Con determinati mali, anche se non si guarisce, ci si può infatti convivere.

Quando la malattia è cronicizzata, tuttavia, non è facile prevederne l’evoluzione nel futuro. In caso di guarigione, invece, è un errore negare delle prospettive di vita a delle persone che ne hanno tutto il diritto”.