Vendemmia 2023, al via in alcune regioni italiane con stime sulla produzione, l’export e l’impatto occupazionale ed economico. Quanta uva contengono le vigne italiane? Siamo famosi al mondo per i vini, ma ai tempi dei cambiamenti climatici, possiamo dormire sonni tranquilli in vista dell’inizio del raccolto? “La stagione, quest’anno, è cominciata con qualche giorno di ritardo a causa delle complicazioni meteorologiche prolungate che hanno favorito la peronospora – ha spiegato il presidente Massimo Cassarà della Coldiretti Alcamo, ad Italiani Mambo, su Radio Cusano Campus – che ha danneggiato i vigneti da Nord a Sud. E’ stata un’annata complicata, abbiamo avuto a luglio caldo, ma anomalo che ha messo a dura prova le pratiche agronomiche di routine.”

Vendemmia 2023: quanta uva è contenuta nei vigneti italiani?

Pochissima. Si parla di una riduzione del 14% della produzione che dovrebbe attestarsi intorno ai 43 milioni di ettolitri, contro i 50 milioni dello scorso anno con punte in alcune aree del mezzogiorno, che andranno oltre il 50%. Da un punto di vista quantitativo sarà un anno difficile. Nelle nostre cantine arriverà poca uva, le dinamiche dei mercati sono slegate da quelle della produzione – ha aggiunto Cassarà – quanto al prezzo non abbiamo indicazioni precise, ma siamo ai primissimi grappoli e non sappiamo quale sarà l’evoluzione del mercato dei prossimi anni. Speriamo di portare della buona uva in cantina, anche se poca: possiamo farla maturare bene e puntare su un’annata di qualità.”

A fronte della riduzione della quantità di vino cosa possono fare i consumatori per limitare i danni?

Comprare a km 0 come forma di cultura e valorizzazione del territorio. Reimpariamo a consumare ciò che produciamo. Un ragionamento sul tema è dovuto anche se i risultati dei comportamenti che metteremo in atto li vedranno nel tempo. Attraverso le generazioni future. Le vecchie regole di buona pratica agronomica le abbiamo quasi abbandonate, non riusciamo più ad avere le stagioni ben distinte: l’autunno non è più quello piovoso di una volta – si è congedato Cassarà – mentre la piovosità primaverile ha favorito il proliferare di molte muffe come la peronospora citata poc’anzi con le conseguenze che conosciamo.”