Singapore, la città-Stato asiatica, è stata oggetto di forti critiche da parte di organizzazioni per i diritti umani e delle Nazioni Unite per la sua rigida legislazione antidroga, che prevede la pena di morte per chiunque sia accusato dello traffico di sostanze stupefacenti: negli ultimi giorni, il paese ha compiuto una serie di esecuzioni, tra cui quella di un uomo impiccato per spaccio di eroina.
Mohamed Shalleh Adul Latiff è stato l’ultimo a cadere vittima della severa legge antidroga di Singapore. Condannato a morte per il possesso di circa 55 grammi di eroina, ha sempre sostenuto di essere stato ingannato da un amico, credendo di trasportare sigarette di contrabbando. Tuttavia, la sua tesi di difesa non è stata accettata dal tribunale.
La dura lex di Singapore sullo spaccio di eroina: pena di morte nel paese e impiccato un altro uomo
In precedenza, è stata eseguita la pena capitale anche su Saridewi Binte Djamani, la prima donna ad essere impiccata nell’isola in quasi vent’anni. Djamani è stata giustiziata per il possesso di 30 grammi di eroina, oltre il doppio della soglia che avrebbe comunque portato alla condanna a morte.
Questi casi hanno suscitato una forte reazione da parte delle organizzazioni per i diritti umani, che hanno chiesto al governo di Singapore di fermare le esecuzioni. Amnesty International ha sottolineato che le leggi antidroga del paese sono estremamente repressive e non contemplano alcuna possibilità di attenuanti per i condannati. In passato, ci sono state esecuzioni persino per il possesso di cannabis.
Il dibattito sulla pena di morte in Singapore è diventato un tema globale. Anche le Nazioni Unite sono intervenute, denunciando la pratica e invitando la città-Stato a imporre una moratoria sull’utilizzo della pena capitale.
D’altra parte, il governo di Singapore ha difeso la sua politica antidroga, sostenendo che sia necessaria per combattere il problema delle sostanze stupefacenti nel paese. Tuttavia, le organizzazioni per i diritti umani hanno contestato questa posizione, sottolineando che la pena di morte non ha dimostrato di essere efficace nel contrastare l’uso e la disponibilità delle droghe.
La situazione in Asia è contrastante. La vicina Malesia, ad esempio, sta rinunciando alla pena di morte per reati legati alla droga in favore della protezione della vita umana. Questa scelta ha ottenuto l’approvazione di Amnesty International e di altre organizzazioni che lottano per i diritti umani.