C’è chi ormai definisce il granchio blu in Italia il “cinghiale del mare”. E, se non è una vera e propria emergenza come quella che riguarda gli ungulati del nostro Paese poco ci manca. Questi crostacei secondo gli addetti ai lavori sono davvero un problema che costa “100mila euro all’anno”. A Gazzetta Ladra, curato e condotto da Fabio Camillacci & Lorenzo Capezzuoli Ranchi, è intervenuto il presidente di Federcoopesca Confcooperative, Paolo Tiozzo.
Granchio blu in Italia, Tiozzo: “Una calamità per gli allevamenti”
- Presidente Tiozzo, qual è la situazione nel nostro Paese? Il granchio blu è davvero un problema?
Inizialmente poteva essere visto, negli anni passati, come una risorsa. Oggi invece è una calamità vera e propria. Nelle aree soprattutto del nord Adriatico, nel delta del Po, è fisicamente invaso da questo granchio blu che si sta moltiplicando a una velocità molto più alta rispetto alle altre parti del mondo dove la specie regna e vive. Evidentemente ha trovato terreno dove prospera. Dall’altro lato però prolifera in questa area dove produciamo il 90% delle vongole veraci italiane ed europee: il granchio blu in Italia mette a rischio queste colture, grazie alla sua voracità che è superiore a quella degli autoctoni fa sì che sia un vero e proprio pericolo non solo per i pescatori, ma anche per l’ambiente.
- Qualcuno propone di fare una sagra a base di questo crostaceo…
Sagra è un momento di festa. Questa è un’emergenza. Qui abbiamo una situazione fuori controllo, non solo nella zona del delta del Po. Anche la laguna di Orbetello (in Toscana, a pochi chilometri dal Lazio, ndr) ha cominciato un percorso simile. Ma anche nella laguna di Lesina (in Puglia, ndr) ci sono le prime avvisaglie, quelle che avevamo lo scorso anno, e che quest’anno ha visto verificarsi una diffusione incredibile. Dico incredibile perché parliamo di oltre 200 quintali di granchi al giorno che in questo momento stiamo portando a smaltimento: diventano un vero e proprio problema per le produzioni ittiche.
“Chiediamo al governo un fondo a sostegno degli allevamenti”
- Un danno economico che si abbatte anche sulle future colture, immagino
E anche ambientale: ciò che noi vediamo è il prodotto maturo che il granchio mangia. Ma ricordo che vi sono le uova di pesci, di seppie e tutto ciò che in realtà non vediamo da subito e che abbiamo il timore sia messo a rischio. Così come cozze e vongole. In Italia il granchio blu ne è ghiotto. Ci sono tremila imprese nel delta del Po, con produzioni che hanno marchio e storia, senza indotto. Che arriva a valere 150 milioni di euro. Il rischio è di una crisi sociale vera.
- Avete avuto modo di confrontarvi con il governo?
Ieri abbiamo avuto un incontro con il sottosegretario al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Patrizio La Pietra, per fare gli approfondimenti del caso e per capire come creare un fondo ad hoc che riesca non a ristorare i pescatori, che vedremo poi i danni – oggi incalcolabili- ma per lo meno riuscire ad andare incontro alle spese che stanno sostenendo il mondo dell’itticoltura e a non lasciarli da soli. Anche perché non c’è idea di quanto durerà questo evento, che rischia di diventare proprio come il problema dei cinghiali. Il proliferare di questi animali, va tenuta a bada in una biodiversità che, rischiamo, subisca un danno.