Manca più di un anno alle elezioni presidenziali d’America ma la contesa, un po’ alla volta, si sta già infiammando. Non solo perché è molto – ma molto – probabile che si andrà verso un remake del 2020 e quindi verso una sfida tra Joe Biden e Donald Trump, ma anche per la scesa sul campo elettorale di un nuovo attore: la giustizia. Si dia il caso che l’ex Presidente Trump, candidato in pectore del Partito Repubblicano, potrebbe essere il primo candidato nella storia degli Stati Uniti a giocarsi la presidenza da incriminato. Erano già due le incriminazioni contro Trump ed a queste se n’è aggiunta una terza e forse – nelle prossime settimane dovrebbero esserci novità in questo senso – addirittura una quarta.

Tutte le incriminazioni contro Trump

Era il 30 marzo quando Donald Trump divenne il primo ex Presidente degli Stati Uniti a finire sotto processo. È successo nel caso relativo al pagamento di una porno star, Stormy Daniels, per comprare il suo silenzio. Il 9 giugno, poi, è stato il giorno della seconda incriminazione: Trump fu accusato per aver trattenuto presso la sua proprietà di Mar-a-Lago, in Florida, alcuni documenti governativi riservati. La terza incriminazione, la più recente, è giunta questa notte e fa riferimento all’assalto di Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Secondo il Gran Giurì federale, Trump avrebbe usato un potere legale per sovvertire l’esito elettorale e rimanere in carica. L’ex Presidente degli Stati Uniti si è dichiarato non colpevole ma oltre all’incriminazione è arrivata la beffa con la procura distrettuale che sta portando avanti indagini che potrebbero, presto, arrivare ad un’altra incriminazione per il tentato sovvertimento dell’esito elettorale in alcuni stati.

I capi d’accusa

Sono quattro – riporta l’AGI – i capi d’accusa. Il primo, dal titolo “Conspiracy to defraud the United States”, è riferito al tentativo del tycoon di aver cercato, in concorso con sei persone, tra consiglieri e avvocati, di “sovvertire i legittimi risultati delle elezioni del 2020” attraverso l’uso di “false dichiarazioni di frode elettorale”. Il secondo e il terzo capo d’imputazione sono legati ai tentativi di ostacolare la certificazione del voto, che era in programma il 6 gennaio 2021 al Congresso. Il quarto, infine, fa riferimento alla violazione dei diritti civili e riguarda il tentativo di Trump di ribaltare l’esito del voto in sette stati dove la differenza tra lui e Biden era sottile ma comunque favorevole al democratico: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, New Mexico, Pennsylvania e Wisconsin.

Trump ringrazia gli elettori

La Costituzione nihil obstat: Donald Trump, nonostante tutto questo, può legalmente candidarsi alla presidenza. E può farlo anche nella consapevolezza di sondaggi che gli sorridono: è lui il nome preferito, tra gli altri, all’interno del Partito Repubblicano. Ron DeSantis, che sembrava poterlo insidiare, si è già spento dietro la forza del Tycoon che nonostante tutto, e checché se ne dica, controlla ancora e di grand lunga il partito. Consapevole di tutto questo, Trump è intervenuto su Truth per ringraziare gli elettori:

Non ho mai avuto così tanto sostegno. Questa accusa senza precedenti ha risvegliato il mondo sulla corruzione, lo scandalo e il fallimento che hanno avuto luogo negli Stati Uniti negli ultimi tre anni.

Insomma, la corsa alla Casa Bianca procede come se niente fosse e viene alimentata dal supporto degli elettori repubblicani che continuano a stare dalla parte di Trump. Tutte queste vicende giudiziarie, infatti, sembrano produrre un effetto paradossale: migliorare, agli occhi dei sostenitori più estremisti del Partito Repubblicano, l’immagine di Trump. Divenuto una sorta di martire dello Stato federale e delle sue spire e, pertanto, da sostenere. Il populismo e l’antipolitica aleggiano ancora in grosse frange del Paese. Biden, dovrà tenerne conto.