L’Italia femminile fuori dai Mondiali è l’incubo calcistico che si realizza e che si collega a filo diretto con il destino nefasto autoprodotto dai fratelli azzurri targati Roberto Mancini. E che fa arrabbiare, tanto. Perchè il punto è chiaro, il presente è un film horror con uno sfondo ancor più atroce. Le ragazze del ct Milena Bertolini hanno fallito su tutta la linea, la parentesi Argentina è stata solo un caso, dato che Svezia e il (modestissimo) Sudafrica hanno confermato che Girelli e compagne non sono state in grado di reggere il confronto ai massimi livelli. Per colpe loro e di altri.
Italia femminile fuori dai Mondiali, un dèjà vu odioso
Prendiamo Sudafrica-Italia per il femminile, aggiungiamo quel deleterio Italia-Macedonia del Nord dei maschietti che ci hanno portato a vedere il Mondiale con il binocolo, mescoliamo tutto, ed ecco che il risultato è il nulla. Tecnico, organizzativo, spirituale. Una sensazione di illusione che si sbriciola sotto i colpi della realtà, che l’Italia a tinte rosa ha accentuato ancora di più. Vittoria con l’Argentina? Mera casualità. La Svezia ha portato sulla terra un gruppo che ad un certo punto non ci ha capito più nulla, il Sudafrica ha confermato le oggettive mancanze. Di sistema e di presenza.
In questo Bertolini e Mancini viaggiano sulla stessa barca piena di tarli. Perchè i limiti da ambedue le parti si sono materializzati eccome. Supponenza o testardaggine questo non si sa, ma in entrambi i casi ci sono stati danni evidenti. Da una parte Milena Bertolini: contro l’Argentina una prova d’orgoglio, un gol arrivato verso la fine e l’euforia a farla da padrona. Da lì i punti interrogativi usciti fuori contro la Svezia, cinque gol subiti e 9/11 della formazione stravolta. Il risultato è stato impietoso, dato che le azzurre sembravano spaesate in campo, senza punti di riferimenti tattici, con una domanda che sorge spontanea: perchè tutti questi cambi? Perchè diffondere dubbi tattici in un torneo dove l’obiettivo è quello di andare avanti con un blocco amalgamato?
Il peggio con il Sudafrica. Perchè qui è la paura a farla da padrona. Le azzurre si sono portate appresso le scorie della debacle svedese, il terrore nello sbagliare ha permesso poi all’errore di materializzarsi (vedi il clamoroso autogol di Orsi). Gioco, partita, incontro. Bastava un pareggio, non siamo stati in grado di ottenere nemmeno quello. La lapide però viene messa dal ct Bertolini nella conferenza post partita: “E’ subentrata paura dopo l’autogol, sono convinta delle scelte che ho fatto”. Traduzione: non sono riuscita a dare serenità alla ragazze. E questo è grave, poco importa aver inserito tante giovani, non avere il polso della situazione vuol dire non avere idea di ciò che sta succedendo.
Un dèjà vu, un viaggio indietro nel tempo che riporta al fallimento mondiale del ct Mancini. E guardarsi allo specchio è spaventoso, perchè tutto è uguale. In negativo. Perchè di diverso non c’è nulla. Una realtà dove con una rosa ridotta all’osso non si è riusciti a superare la modestissima Macedonia. Zero idee, paura nel fallire, che puntualmente si è materializzata in realtà. Oltre a questo anche alcune scelte discutibili a livello di rosa, che hanno ufficializzato anche la crisi di produzione di elementi validi per l’Italia.
Tutto questo a causa di un sistema che è rimasto ancorato a vecchi principi scolpiti nella pietra, seccati nel tempo e non rinnovati. Una staticità che ha riportato l’Azzurro indietro nel tempo mentre gli altri continuano ad andare avanti, ma questo poco importa dato che ci si aggrappa alle briciole di coppe europee per club sfiorate ma mai abbracciate, basta accontentarsi guardando avanti, mentre dietro il fuoco divampa e distrugge ogni cosa. L’ autodistruzione vuole essere sventata, ma rimanere ancorati al “comunque usciamo a testa alta” porta dentro al punto di esplosione. E non ci sono ancora di salvataggio.