Continuano ad emergere nuovi particolari sull’omicidio di Mahmoud Abdalla Mohamed Sayed a Chiavari, in provincia di Genova: il giovane sarebbe stato ucciso e fatto a pezzi dai suoi datori di lavoro, rei confessi, dopo averli denunciati alla Guardia di Finanza. “Sfruttano me e altri lavoratori”, avrebbe riferito il 19enne agli agenti nel corso di un’ispezione avvenuta all’interno della barberia in cui lavorava come apprendista.
Potrebbe essere stata questa, dicono gli inquirenti, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. I carabinieri del nucleo Subacquei del comando di Genova cercano, intanto, la testa della vittima, che potrebbe essere rimasta incastrata tra gli scogli.
Omicidio di Mahmoud Abdalla a Chiavari: le ultime notizie
All’interno dell’esercizio commerciale gestito dai due egiziani finiti in carcere per il suo omicidio, Abdelwahab Kamel e Mohamed Ali Abdelghani, di 27 e 26 anni, Abdalla lavorava in nero, come altri ragazzi. Appena un mese prima di finire ucciso e mutilato, avrebbe denunciato la circostanza alla Guardia di Finanza, che si era recata in barberia per un’ispezione ordinaria.
Sarebbe stato questo, insieme alla notizia che avrebbe presto lasciato il suo posto di lavoro per accettarne un altro a Pegli (con il rischio che alcuni dei loro clienti lo seguissero), a far scattare la miccia dei due assassini, incastrati da alcune testimonianze e dall’analisi dei filmati delle telecamere di sorveglianza installate nei pressi dell’abitazione che la vittima condivideva con alcuni colleghi, in via Vado, a Sestri Ponente, di fronte al barber shop.
Dopo aver provato a desisterlo dalla possibilità di licenziarsi, lo avrebbero attirato con una trappola nel retrobottega del negozio dove, al culmine di un’accesa lite, lo avrebbero colpito con un punteruolo, dritto al cuore. Poi, nel tentativo di restare impuniti, avrebbero deciso di mutilarne il corpo e di gettarlo in mare. Mare da cui alla fine è riemerso, pezzo per pezzo.
Si cerca solo la testa, che uno dei due assassini ha detto di aver lasciato nei pressi della scogliera di Chiavari, a pochi passi dalla spiaggia in cui sarebbe avvenuta la mutilazione. Mutilazione che, per il momento, i due continuano a negare di aver svolto in prima persona: pur avendo confessato il delitto, si sono additati a vicenda la responsabilità della soppressione del cadavere.
I nodi da sciogliere sul delitto
All’appello mancano anche l’arma del delitto e i borsoni usati per trasportare il corpo del giovane dalla sua abitazione a Chiavari. Stando a quanto ricostruito finora, i due, per farlo, si sarebbero avvalsi dell’aiuto di un taxi, chiamato apposta per l’occasione e già perlustrato dagli inquirenti.
Una versione dei fatti confermata dalle immagini delle videocamere installate nei pressi della scena del crimine, che avrebbero ripreso i due indagati mentre escono dalla casa del 19enne con due grosse valigie al seguito e le caricano su un’auto. Valigie che non compaiono nelle riprese successive. Contro di loro ci sarebbe anche la testimonianza del ragazzo gestore dell’altra barberia in cui Abdalla avrebbe dovuto lavorare.
Quest’ultimo, sentito dagli inquirenti, ha infatti dichiarato di essere stato intimidito dai due fermati proprio qualche giorno prima del delitto: sembra che volessero impedirgli, in qualche modo, di assumere il 19enne. Si indaga, comunque, su altri possibili moventi o sviluppi: sono in corso, a tale fine, degli accertamenti sui giri economici di vittima e carnefici.
In un primo momento si era pensato che il delitto rientrasse in un regolamento di conti nell’ambito dello spaccio. Questione che, almeno per il momento, sembrerebbe essere stata accantonata.