Dalla scomparsa della piccola Kata a Firenze sono passati oltre 50 giorni: la bambina, di appena cinque anni, è stata avvistata per l’ultima volta mentre giocava nel cortile dell’ex hotel Astor, l’edificio occupato in cui viveva insieme alla sua famiglia, il 10 giugno scorso. Da allora gli inquirenti l’hanno cercata ovunque, passando al setaccio le oltre mille telecamere di sorveglianza del Comune e verificando anche le piste più improbabili: finora senza successo. Eppure qualcuno che sappia cosa le è accaduto dev’esserci. Ne è convinto uno dei legali dei genitori della bimba, l’avvocato Filippo Zanasi, che a TAG24 ha fatto il punto della situazione, inviando anche un appello ai possibili testimoni del rapimento.

Scomparsa di Kata a Firenze, a che punto sono le indagini sulla bambina

Avvocato, dalla scomparsa di Kata sono passati più di 50 giorni. A che punto sono le indagini? Ci sono piste che convincono più di altre?

“Nell’ambito delle nostre indagini difensive, noi legali abbiamo dato alla Procura varie indicazioni per indagare su diverse ipotesi. Per quanto ne sappiamo sono state seguite tutte, non ne hanno tralasciata alcuna. Tuttavia non sappiamo se andavano ad aggiungersi e a completare quelle che gli inquirenti stanno già seguendo oppure se erano delle ipotesi del tutto nuove. Dire che c’è n’è una in particolare che al momento sta prendendo il sopravvento sulle altre, allo stato attuale, è impossibile”.

Una delle ultime voci vorrebbe Kata in Perù

“Si tratta sempre di un’ipotesi. Peraltro ha la stessa forza e la stessa possibilità di quella che invece vede la piccola Kata in Romania e di quella che la vede in Italia. Sono indicazioni provenienti da terzi, sempre in maniera indiretta, ma nessuna è più forte delle altre”.

Il gip Antonio Pezzuti ha avanzato l’ipotesi che il rapimento si sia consumato a mo’ di ritorsione o vendetta nei confronti della famiglia di Kata, forse nell’ambito della gestione abusiva degli affitti dell’ex hotel. Ci sono riscontri in questo senso?

“Quella del racket è un’ipotesi come le altre. Tuttavia, ciò che penso è che una vendetta del genere (se si tratta di vendetta, perché il rapimento della bambina potrebbe anche essere stato finalizzato a trovare un profitto che è al di fuori della gestione delle camere dell’hotel o di altri traffici illeciti), avrebbe dovuto presupporre un’azione altrettanto forte e crudele, perché il rapimento di un bambino è la peggiore ipotesi che possa accadere. Lasciando stare l’imponderabile (il fatto che possa essere stata presa da una persona che avesse altri scopi, come un pedofilo, ndr), se è una vendetta contro la famiglia, è una vendetta per qualcosa che la famiglia ha fatto, magari anche non direttamente. Qualcosa di grave. Siccome i nostri clienti non hanno fatto niente di tutto ciò, ecco che l’attenzione si sposta alle persone che stavano vicino ai nostri clienti”.

I possibili testimoni del rapimento

Potrebbe entrarci lo zio? Si diceva che delle persone lo avessero cercato, la mattina della sparizione…

“Come i genitori di Kata, lo zio sostiene di non essere entrato in nessun giro particolarmente importante –  al di là di quelle che erano le dinamiche interne all’ex hotel – che potesse giustificare questa ritorsione, questa vendetta, peraltro indiretta, perché l’uomo era con suo figlio. Come a dire: vogliamo colpire te, prendiamo la piccola. È un’ipotesi possibile, ma tutta da valutare”.

Lei ha parlato di tre persone che sarebbero “informate” dei fatti (una donna romena, un uomo peruviano e un suo aiutante). Perché è convinto che in qualche modo sappiano qualcosa?

“Noi difensori andiamo sostenendo questa teoria: difficilmente qualche cosa accade in giro senza che nessuno veda niente. C’è sempre qualcuno che vede qualcosa, in una situazione normale. Immaginiamoci i primi mesi di giugno in un posto completamente chiuso, “protetto”, frequentato da circa 150 persone, con dei controllori, delle persone che controllavano il flusso, la gestione e quant’altro: com’è possibile che sia successa una cosa del genere senza che nessuno abbia visto niente? Per noi è assolutamente inverosimile. Pertanto la nostra idea è che chi gestiva quel luogo, chi conosceva ogni piccolo movimento e ogni minima dinamica di ciò che avveniva lì dentro non possa non sapere cosa e perché sia successo”.

E perché non avrebbero parlato?

“O perché sono gli artefici di quanto accaduto o perché – pur entrandoci in qualche maniera – se tacciono non vengono coinvolti in alcun modo nella ricostruzione degli eventi”.

La speranza di sapere che Kata è ancora viva

Sul lato indagini è stato fatto abbastanza? Si sta facendo abbastanza, secondo Lei?

“Penso che abbiano fatto tutto quello che potevano. Son convinto che abbiano profuso energie, uomini e mezzi a dismisura per questo caso. È un caso importante, non si può sottovalutare”.

E il fatto che la denuncia della madre di Kata sia stata presentata solo qualche ora dopo la sparizione? Ha influito sulle ricerche?

“Se è stato fatto per vendetta, il rapimento è stato organizzato nei minimi dettagli, tant’è che (i presunti sequestratori, ndr) non vengono neanche ripresi mentre la portano fuori. Non sarebbe cambiato nulla. Oltretutto aveva provato a farla, ma non sapeva dove andare, è stata rimbalzata da un posto all’altro”.

Cosa vi aspettate per il prossimo futuro in quanto difensori e cosa si aspettano i genitori della piccola?

“Non abbiamo nessuna, minima indicazione da parte degli investigatori. L’unica cosa che ci auguriamo in questo momento è che ci sia anche un lontanissimo cenno che la bambina sia viva. Sarebbe una cosa che ci darebbe una grandissima forza e speranza. E poi lasciamo fare agli inquirenti, vedremo se riusciranno a far quadrare il cerchio. Intanto, che ci sia un minimo segnale. Ripeto, a nostro parere qualcuno sa che cosa è accaduto. Si metta una mano sul cuore, pensi a cosa possano aver sofferto e stiano soffrendo questa donna e quest’uomo, i genitori di Kata, e la bambina stessa, e si faccia avanti”.